“Le 20 tensostrutture destinate agli istituti penitenziari della Lombardia insieme a quelle della Campania sono un primo passo importante in direzione del piano di misure di emergenza per la prevenzione alla diffusione del coronavirus che stiamo sollecitando da settimane a tutela della salute del personale penitenziario, delle loro famiglie e dei detenuti.
Ma deve essere chiaro a tutti che non basta”.
È il commento del segretario generale del S.PP. Aldo Di Giacomo che oggi ad Ancona (dopo Milano-Bollate e Bologna) ha tenuto una nuova tappa del tour intrapreso attraverso le carceri per monitorare la situazione di attuazione delle prime direttive del DAP.
“Ci sconcerta prendere atto – aggiunge Di Giacomo – che la circolare del DAP sia interpretata in maniera difforme da provveditori regionali e direttori di carcere sino a toccare il ridicolo, come hanno riferito i giornali, nel caso di Rebibbia, dove a detenuti già da alcuni anni in carcere è stato chiesto, attraverso una sorta di questionario, se sono stati in Cina negli ultimi tempi.
Ad Ancona ho riscontrato che, a differenza di altre carceri, i colloqui familiari-detenuti si tengono regolarmente senza alcuna misura di prevenzione. Per non parlare di mascherine, termometri specifici e di presidi personali di sicurezza che sono inesistenti”.
“C’è una vicenda – evidenzia – che dovrebbe servire da “lezione”: venti, tra personale civile, agenti di polizia giudiziaria e detenuti del carcere di Agrigento sono risultati positivi al test che accerta la tubercolosi.
È stato dunque sufficiente che nel carcere siciliano un detenuto non fosse stato isolato a provocare la diffusione della tubercolosi che si trasmette per via aerea ma non con la facilità con cui si trasmette il coronavirus.
Solo immaginare cosa accadrebbe per un caso di coronavirus ci fa rabbrividire tanto più che la Cina ha segnalato circa 500 casi di infezione da coronavirus nelle sue prigioni, di cui almeno 200 nello stesso istituto, alimentando i timori di ulteriori epidemie.
“E’ tempo dunque – conclude Di Giacomo – di “eccesso di precauzione” e di coordinamento di misure quanto più uniformi nei 190 istituti penitenziari italiani che ospitano complessivamente 60.769 detenuti di cui 19.888 stranieri.
Dal dossier del S.PP. consegnato al Ministero della Salute emerge che nelle carceri d’Italia due detenuti su tre sono malati, tra i 25mila e i 35mila sono affetti da Epatite C, in aumento Hiv positivi (5000) e tubercolosi.
Tutte categorie che gli esperti indicano tra quelle a maggiore rischio”.