“Ma in questo Paese che si divide, come per gli ultras di calcio, tra giustizialisti e buonisti c’è qualcuno che finisce in galera?”. È l’interrogativo del segretario generale del Sindacato Polizia Penitenziaria S.PP. Aldo Di Giacomo di fronte ai troppi casi – dagli imputati coinvolti nell’inchiesta “Angeli e Demoni” di Reggio Emilia, alle maestre filmate in episodi di violenza a bambini, al titolare di tabaccheria che ha sparato dal balcone – che finiscono ai domiciliari o addirittura sono sottoposti solo all’obbligo di firma (le maestre). Siamo in presenza di reati gravissimi come quell’autentico film dell’orrore a cui abbiamo assistito a Reggio Emilia e c’è chi come il Ministro dell’Interno Salvini continua un giorno sì e l’altro pure ad invocare “galera per tutti”, salvo poi a ridurre la questione a propaganda politica.
La verità è che la politica, tutta, continua a non prendere consapevolezza che il sistema giudiziario insieme a quello carcerario è allo sbando. Si preferisce – dice Di Giacomo – fare gli struzzi e far finta di non vedere cosa accade fuori e dentro le carceri.
E allora ricordiamo noi ai distratti e a quanti preferiscono la polemica per il gusto di polemizzare cosa è accaduto in questo fine settimana: un detenuto si è suicidato a Poggioreale, il terzo suicidio nelle carceri campane quest’anno, il 23esimo in Italia nel 2019; un detenuto a Sanremo si è procurato delle profonde ferite, utilizzando una lametta lanciando il sangue in faccia e addosso ai poliziotti; sempre in Liguria, questa volta nel carcere di Marassi, a Genova, un detenuto con problemi psichiatrici ha rotto i vetri di una finestra e poi ha incendiato un materasso in cella; nel carcere minorile di Airola, in Campania, è avvenuto il sequestro di droga che la madre tentava di consegnare al figlio.
Parlare di caos ed emergenza in questa estate che le torride temperature stanno ampliando è diventato solo un modo di dire, mentre un pensiero di vicinanza va al garante toscano dei detenuti, Franco Corleone, che da domani riprenderà il digiuno per ottenere risultati tangibili che migliorino le condizioni di vita dei detenuti nelle carceri toscane.
Anche noi – annuncia Di Giacomo – siamo mobilitati a fianco di tutte le vittime del sistema carcerario, i detenuti “più deboli” che sono altra cosa dai boss e capi mafia o degli appartenenti alla mafia nigeriana, come i nostri colleghi in divisa esposti ad ogni tipo di rischio.
Non basta l’indignazione; occorre una forte reazione da parte delle istituzioni che hanno il dovere di tutelare l’infanzia, delle famiglie, dell’associazionismo come di ogni cittadino.