“Non abbiamo la “palla di cristallo” ma più semplicemente antenne ben orientate a cogliere i segnali dei cambiamenti di traffici all’interno delle carceri e per questo non ci hanno sorpreso gli sviluppi delle indagini sulla clamorosa sparatoria nel carcere di Frosinone delle scorse settimane che portano alla pista del traffico di droga”.
È il commento del segretario generale del S.PP. Aldo Di Giacomo: “Lo abbiamo detto subito dopo il fatto: il regolamento dei conti tra il detenuto che ha sparato e i detenuti appartenenti a clan della camorra napoletana raggiunti dai colpi segna un’evoluzione perché il traffico di droga, che vede i penitenziari del Paese diventati non da oggi piazze di spaccio, si comanda dalle celle dove arrivano, con i droni o con altri stratagemmi fantasiosi, armi e stupefacenti.
La droga sintetica – come testimoniano i numerosi casi di ritrovamento nelle carceri – è diventata la nuova frontiera di spaccio e traffici della criminalità organizzata”.
“Ben venga l’accertamento dei fatti e soprattutto chi ha fatto arrivare l’arma in un carcere che dispone di una sezione di alta sicurezza ma – aggiunge Di Giacomo – si tiri una linea netta di demarcazione: vogliamo che gli istituti penitenziari siano sotto il controllo di organizzazioni criminali, come del resto è già avvenuto nella stagione delle rivolte della primavera 2020, oppure mettere in condizione il personale penitenziario di poter svolgere, innanzitutto in condizioni di sicurezza e di serenità, il proprio lavoro?”
Per il segretario generale del Sindacato Polizia Penitenziaria: “la diffusione di droga è particolarmente accentuata in numerose carceri con una situazione che va fronteggiata adeguatamente e rapidamente contrastando efficacemente lo spaccio.
Non si può ulteriormente sottovalutare il fenomeno che denota ancora disattenzione anche per effetto del clima di delegittimazione del personale penitenziario che incontra grandi difficoltà persino nelle normali operazioni di controllo, vigilanza e perquisizioni.
C’è poi il problema della punibilità per chi consente l’entrata di droghe, come di telefonini ed armi e chi detiene e spaccia. Servono pene più severe. Siamo di fronte – dice Di Giacomo – all’ennesimo esempio di disattenzione da parte del Ministero Grazia e Giustizia: la Ministra Cartabia è sicuramente un’illustre giurista ma si dimostra inadeguata a risolvere i problemi, dai micro ai massimi, delle carceri italiane”.
Almeno per noi, quanto è successo a Frosinone non può essere derubricato a “caso di eccezionale gravità ma isolato”.
E’ un ulteriore segnale che – afferma Di Giacomo – la campagna di delegittimazione della polizia penitenziaria accentuata negli ultimi mesi, a seguito dei fatti di Santa Maria Capua Vetere, incoraggia criminali e bande a rialzare la testa per imporre la propria legge sino a permettersi, a colpi di pistola, di regolare i conti tra affiliati a cosche.
Se questo non fa allarmare ed intervenire tanto vale che si consegnino le chiavi delle celle direttamente ai criminali.
Lo Stato – conclude Di Giacomo – riaffermi la sua presenza nel carcere e soprattutto dopo gli impegni solenni del presidente Draghi e del ministro Cartabia, è ora che ci si occupi seriamente – non solo attraverso le ispezioni, a cose fatte – dei problemi del sistema penitenziario senza illudersi che sfollando le celle, tutto si risolva di colpo”.