È un quadro sempre più critico quello che emerge dal carcere Sant’Anna di Modena.
La carenza di organico si attesta al 37%, più pesante rispetto alla media italiana, un fattore che incide sulla sicurezza.
A fare il quadro il sindacato di Polizia Penitenziaria dopo l’ennesima aggressione.
Aggressioni, violenza, indagini che si allargano e creano nuovi malumori e senso di abbandono.
È sempre più critica la situazione all’interno del carcere di Modena, gravato dal sovraffollamento, ormai strutturale e che accomuna tutti i penitenziari italiani, unito a una spiccata carenza di organico.
A dirlo è Aldo Di Giacomo, segretario generale del Sindacato di Polizia Penitenziaria che da Roma è venuto nella nostra città dopo la notizia dell’ultima ennesima aggressione ai danni di poliziotti.
Entro il mese di luglio dovrebbero arrivare dieci nuovi agenti, spiega Di Giacomo, ma con i pensionamenti in atto la quota finale sarà di pochissime unità.
Una carenza di organico tale da incidere sulla vita personale degli agenti.
Oltre al lavoro pesante e al senso di impunità dei detenuti, sostiene Di Giacomo, ad aggravare il clima teso anche l’estensione delle indagini a seguito della rivolta del 2020, che da cinque, ha visto salire a 14 i poliziotti indagati.
Pochi gli agenti della penitenziaria.
Un’altra carenza è quella dei mediatori culturali a fronte di un numero molto alto, oltre la metà, di reclusi stranieri
Violenza in carcere.
Al Sant’Anna poi c’è la situazione specifica dei 14 agenti indagati per il reato di tortura durante la rivolta dell’8 marzo 2020, le indagini sono ancora in corso e gli agenti non sono stati sospesi ma questo, dice Di Giacomo, incide sulla qualità del lavoro.
Un’altra carenza è quella dei mediatori culturali a fronte di un numero molto alto, oltre la metà, di detenuti stranieri.
Se per la rivolta al Sant’Anna rimangono aperti due filoni d’inchiesta, quello principale che riguarda i nove detenuti morti è stato invece archiviato ma il legale delle famiglie non si arrende.