“Nemmeno i più macabri retroscena che stanno emergendo dietro la morte del detenuto strangolato in cella a Caltagirone – con il sedicente ‘ndranghetista che ha strangolato con dei lacci il suo compagno e per due giorni ha mangiato e dormito con il cadavere dell’uomo nascosto con il lenzuolo e due coperte – serviranno a scuotere la politica e le istituzioni dal torpore che si registra nonostante le drammatiche emergenze del sistema penitenziario”.
Lo afferma il segretario del S.PP. Aldo Di Giacomo che aggiunge: “noi non siamo più disponibili a limitarci ad aggiornare il quotidiano “bollettino di guerra” fatto di omicidi in cella (due in un mese), suicidi (52), 128 morti (per cause non chiare), almeno tre aggressioni ad agenti al giorno, tentativi di rivolte.
Siamo il sistema carcerario peggiore d’Europa con il pericolo sempre imminente di ripetere la stagione delle rivolte della primavera 2020. In questa situazione, aggravata dalla diffusione del Covid – afferma Di Giacomo – lo Stato scarica ogni responsabilità sul personale penitenziario che, lavorando in condizioni di grande stress, subisce aggressioni, minacce e le peggiori angherie dai detenuti specie appartenenti a clan ed organizzazioni criminali che non hanno più nulla da temere.
Il caso più significativo è rappresentato da una trentina di agenti di Santa Maria Capua Vetere che pur non avendo nulla a che fare con i noti fatti sono ancora sospesi dal servizio.
La verità – dice il segretario del Sindacato Penitenziari – è che la riforma della giustizia si è arenata nelle aule dei Tribunali e non è mai entrata nelle carceri, con l’ultimo tentativo di riforma del Corpo di Polizia Penitenziaria risale al 1990 alla legge 395 che ha introdotto qualche novità in un avvio di processo di riforma rimasta incompiuta per la responsabilità di tutti i Ministri alla Giustizia che hanno preceduto la Cartabia”.
“Tra le promesse contenute nell’intervento del Premier Draghi e della Ministra a Santa Maria Capua Vetere– ricorda il segretario del sindacato penitenziari – ci sono nuove assunzioni per la polizia penitenziaria, la costruzione di 8 nuovi padiglioni con i fondi comunitari, programmi di formazione per il personale.
È da anni che segnaliamo una carenza di dotazione organica che va oltre 7mila nuovi posti se si vuole realmente superare le attuali condizioni massacranti di lavoro che vanno oltre i turni senza riposo e riguardano la sicurezza del personale penitenziario.
Sappiamo bene che riaffermare la presenza dello Stato in carcere – conclude Di Giacomo – non è facile perché c’è la necessità di resettare tutta l’attività dei vari Ministri di Grazia e Giustizia che si sono succeduti in tanti anni.
Gli effetti di decenni di sottovalutazioni, provvedimenti scoordinati, sono a tutti evidenti. Ma ci vuole una scossa. E subito”.