“Un vero e proprio piano, tra l’altro non troppo velato, di destabilizzazione messo in campo contro la polizia penitenziaria, che – è bene evidenziarlo – rappresenta un attacco allo Stato”.
È il duro commento del segretario generale del S.PP. Aldo Di Giacomo all’annuncio di denunce ad opera di alcuni garanti regionali dei detenuti (Campania e Lombardia) di presunte violenze nelle carceri ai detenuti. È stato sufficiente segnalare qualche livido sul corpo di detenuti – aggiunge Di Giacomo – per addossare responsabilità a quegli agenti che continuano a dare prova di alto servizio allo Stato in questa lunghissima emergenza da Coronavirus e che hanno pagato un prezzo altissimo per il contagio.
Gli autori sono gli stessi Garanti che non hanno detto una sola parola quando il rischio coronavirus si è manifestato negli istituti penitenziari salvo a ricordarsene solo di recente e che, naturalmente, sono rimasti in assoluto silenzio nella tremenda fase delle rivolte che nelle scorse settimane hanno prodotto 14 morti tra i detenuti, una sessantina di feriti tra il personale penitenziario e alcune decine di milioni di euro di danni alle strutture. Un silenzio verrebbe il sospetto definirlo voluto per contribuire a creare l’attuale stato di emergenza.
Ora si sostiene addirittura pestaggi selvaggi nei confronti dei detenuti e ancora di aver tagliato barba e capelli per umiliarli e di aver sottoposto a flessioni notturne interi reparti.
Tutto questo dovrebbe far porre un interrogativo, ossia, che si pone in essere un attacco senza precedenti al sistema carcerario per poter ottenere in cambio uscite di massa?
Per Di Giacomo “questa campagna associata da quella sostenuta da settori politici e associativi per “maggiori benefici” ai detenuti sta portando ad una destabilizzazione senza precedenti del sistema penitenziario e della polizia penitenziaria. Garantire l’ordine e la sicurezza negli istituti penitenziari non è un passa tempo della polizia penitenziaria ma un obbligo di legge oltre che di buon senso.
Dopo le rivolte e le devastazioni a cui abbiamo assistito il mese scorso non si può pensare di reagire a quella violenza senza difendersi consentendo di ripetere quelle scene in cui i detenuti hanno devastato e saccheggiato le infermerie con morti e feriti.
Questo non significa evidentemente essere autorizzati ad usare la forza, ma difendersi quando si è attaccati.
Che nelle carceri non comandi più lo Stato lo sosteniamo da molto, ma non è consentibile permettere ai delinquenti di spadroneggiare a discapito di tutta la popolazione detenuta che è oramai vittima dell’incapacità del governo di capire i problemi del carcere e di tutti quelli che lavorano per destabilizzare un sistema fragile oramai allo sbando.
Occorre rivedere il sistema carcerario che evidentemente fa acqua da tutte le parti non garantendo ai detenuti una carcerazione degna per le molteplici carenze, prima tra tutte quelle igieniche, di diritto alla salute e soprattutto di diritto alla rieducazione.
Con altrettanta fermezza va rimossa la figura del garante dei detenuti che nel corso degli anni non hanno garantito ai detenuti una degna esecuzione della pena, ma si muovono solo per la destabilizzazione del sistema.
È opportuno, inoltre, l’istituzione della figura del garante della pena che si occupi di ridare dignità alla carcerazione e di consentire per chi ha sbagliato l’opportunità di rieducarsi e di inserirsi nella società; garantendo, inoltre, strutture adeguate e percorsi alternativi per tutti quei detenuti alcol dipendenti e tossico dipendenti che sono il 30% dell’intera popolazione detenuta.
Gli stessi vanno ricercati nel mondo universitario e dell’associazionismo, non come avviene oggi per i garanti dei detenuti che vengono scelti con criteri molto discutibili.