“Le conclusioni della commissione ispettiva del DAP sulle rivolte nelle carceri della primavera 2020 con il prevalere della tesi “giustificazionista” contribuiscono ad accrescere la tensione nei penitenziari e non fanno giustizia di quanto è realmente accaduto.
Troppo facile prendersela con il divieto ai colloqui dovuto alla pandemia e contraddire autorevoli magistrati antimafia che hanno invece individuato con chiarezza una regia mafiosa e criminale”.
È il commento del segretario generale del S.PP. (Sindacato Polizia Penitenziaria) Aldo Di Giacomo che da ieri, da Poggioreale-Napoli, ha cominciato lo sciopero della fame ed ha rivolto un appello al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
“Una regia – dice Di Giacomo – riconducibile a clan mafiosi, camorristi, ‘ndranghetisti e della criminalità organizzata secondo un preciso disegno di approfittare dell’emergenza sanitaria per muovere un attacco, senza precedenti, allo Stato.
E se l’attacco non ha sortito i risultati voluti dai criminali è solo grazie al grande impegno e sacrificio del personale penitenziario che, come testimonia l’alto numero di feriti tra gli agenti, lo ha rintuzzato.
Altro che agenti “picchiatori” dei detenuti: la verità di quei fatti va perciò raccontata agli italiani perché sappiano che nelle carceri non ci sono “angeli” da perdonare e per i quali il clima buonista diffuso da tempo vorrebbe procedere ad una sorta di “liberi tutti.
E se dunque passa la tesi “giustificazionista” in questa estate “bollente” con 53 suicidi di detenuti, un agente aggredito ogni giorno, le decine di mini-rivolte scatenate nelle ultime settimane significano che il clima che si respira nelle carceri è persino peggiore di quello della primavera 2020 con il rischio altissimo di rinnovare la sfida allo Stato.
Ci sono pertanto ulteriori motivazioni a continuare la protesta che insieme a dirigenti sindacali e personale penitenziario mi vede impegnato in un tour tra le carceri con l’obiettivo principale di scuotere la coscienza di tutti, ma ancora una volta le istituzioni e la politica hanno la testa altrove, per la politica alle elezioni del 25 settembre.
Non possiamo più attendere il voto, un nuovo Parlamento e un nuovo Governo mentre detenuti più fragili (specie per problemi psichici) si tolgono la vita e mentre prosegue con ferocia la “caccia all’agente” e i capo clan comandano dalle celle.
Per queste ragioni – continua – ho scritto al Presidente Mattarella, il punto di riferimento più alto della democrazia, della legalità e del rispetto delle regole scritte (e non scritte) nella nostra Costituzione.
Uno Stato che oltre a non garantire la legalità nelle carceri non riesce a garantire la sicurezza dei detenuti e dei suoi dipendenti (il personale penitenziario) testimonia di aver rinunciato ai suoi doveri civici sino a far passare inosservata la “strage” di questa estate con detenuti di età sempre più giovane.
Da servitori dello Stato l’impegno del personale penitenziario è rivolto a far rispettare la legalità e al contrasto a mafia e criminalità che, a nostro parere, deve svolgersi a partire dalle carceri.
Ci sono azioni, misure, provvedimenti che si possono e si devono attuare subito perché più passa tempo e più l’illegalità si diffonde con il rischio di ripetere quanto accaduto con le rivolte nella primavera del 2020.
Il ruolo della Polizia Penitenziaria – conclude Di Giacomo – è essenziale per la sicurezza dello Stato a cominciare dalle carceri dove il controllo della legalità non esiste più da troppo tempo.