“I due arresti, nel giro di poche ore, sia pure in indagini diverse, in Calabria di un agente di polizia penitenziaria trovato in possesso di cocaina e in Campania di un agente che – secondo le accuse della Dda – “condivideva attività di un clan” – riconfermano che come in ogni settore ed attività del Paese le “mele marce” sono annidate ovunque e quindi vanno scoperte e condannate duramente.
Ma proprio perché indossavano la gloriosa divisa del Corpo, oltre a macchiarla, in maniera indelebile, hanno danneggiato l’immagine di legalità, sacrificio e servizio allo Stato e ai cittadini che caratterizza gli agenti della penitenziaria e pertanto chiediamo maggiore severità nelle indagini ancora in corso”.
È il commento del segretario generale del Sindacato Polizia Penitenziaria Aldo Di Giacomo che aggiunge: “soprattutto se fossero accertati e provati atteggiamenti di collaborazione attiva con gruppi e clan della criminalità le pene da infliggere dovrebbero essere persino più pesanti degli appartenenti agli stessi clan.
Chi si macchia di comportamenti e reati per noi non ha nulla da spartire con i valori etici e morali del corpo ed è pertanto nemico del Corpo che contribuisce a screditare specie di fronte all’opinione pubblica.
È ora – dice Di Giacomo – di fare pulizia per il rispetto dovuto a tutti gli agenti che fanno in silenzio il proprio dovere e sono sottoposti ad attacchi continui e strumentali.
Non possono essere certamente due ‘mele marce’ a mettere semplicemente in discussione l’impegno, il sacrificio, la passione e il servizio di tutto il Corpo.”