“La diffusione della pandemia nelle carceri del Nord sta avvenendo a velocità maggiore e quindi più preoccupante rispetto alle carceri del Centro-Sud.
La situazione ha assunto aspetti allarmanti: da notizie raccolte, in attesa di conferma ufficiale, sembrerebbe che una settantina di agenti penitenziari a San Vittore-Milano siano positivi e quindi non più in servizio”.
A riferirlo è il segretario generale del Sindacato Polizia Penitenziaria – S.PP. – Aldo Di Giacomo rinnovando l’appello al Ministro di Grazia e Giustizia Cartabia, esteso ai Ministri alla Salute Speranza e all’Interno Lamorgese, a predisporre un piano straordinario d’intervento coordinato per affrontare tutti gli aspetti che riguardano prima di tutto il contenimento dei focolai e la prevenzione del contagio e le condizioni di lavoro del personale e di sicurezza delle carceri.
Come misure urgenti – precisa Di Giacomo – abbiamo chiesto di bloccare le traduzioni di detenuti verso altri istituti e ripristinare i colloqui telefonici detenuti-familiari.
“Negli istituti penitenziari siamo di fronte ad incrementi settimanali – afferma il segretario del S.PP. – dell’ordine del 20%. Bisogna dunque agire presto e bene proprio come sta accadendo per quanti arrivano in Italia per i quali non basta il Green Pass e viene richiesto il tampone.
È tanto più necessario il ricorso a misure di rigore nelle carceri per chiunque entri in contatto con personale e detenuti. Sconcerta invece – dice Di Giacomo – l’atteggiamento seguito sinora su due livelli: un nuovo giro di tamponi tra i detenuti e la sospensione dal servizio per il personale che non si è vaccinato e che a noi risulta di poche centinaia di unità.
Praticamente lo “zero assoluto” sul piano del contenimento del contagio e di conseguenza la gestione della nuova ondata pandemica nelle carceri.
È da tempo che ripetiamo inascoltati i nostri appelli: l’obbligo vaccinale per il personale penitenziario, che ci vede convintamente favorevoli, non da oggi, non risolve in alcun modo la prevenzione dalla diffusione del Covid se l’obbligo non viene esteso a tutti, a cominciare dai detenuti e dai familiari e dagli avvocati dei detenuti.
Nei penitenziari ci sono flussi di ingressi settimanali dieci volte superiori al numero dei detenuti, a cui aggiungere i colloqui con diverse decine di avvocati e una durata anche di un paio d’ore.
Altro che Super Green Pass. “Dentro” siamo al Mini Green Pass e non esiste l’alibi di detenuti no-vax, un’assoluta minoranza rispetto al numero complessivo della popolazione carceraria.
È una situazione – dice Di Giacomo – che riprova la tesi coltivata da parte dello Stato del carcere completamente avulso dal resto della città dove invece si punta ad accrescere controlli e azioni di contrasto al Covid”.