20 settembre 2021 Aldo Di Giacomo: dopo Frosinone si intervenga con fermezza per ristabilire il controllo del carcere da parte dello stato

Attività, Comunicati

“L’ispezione al carcere di Frosinone disposta dal Ministro Cartabia non deve diventare l’ennesimo tentativo per archiviare in fretta e con una semplice formalità (dovuta) un fatto gravissimo.

Ne è sufficiente aver trasferito il detenuto che ha sparato.

Non c’è più spazio per le formalità e le ritualità.

Piuttosto si colga il nuovo campanello d’allarme e si intervenga con fermezza per ristabilire il controllo del carcere da parte dello Stato”.

È quanto sostiene il segretario generale del S.PP. Aldo Di Giacomo: “Ben venga l’accertamento dei fatti e soprattutto come è arrivata un’arma (un drone?) in un carcere che dispone di una sezione di alta sicurezza ma – aggiunge – si tiri una linea netta di demarcazione: vogliamo che gli istituti penitenziari siano sotto il controllo di organizzazioni criminali, come del resto è già avvenuto nella stagione delle rivolte della primavera 2020 oppure mettere in condizione il personale penitenziario di poter svolgere, innanzitutto in condizioni di sicurezza e di serenità, il proprio lavoro?

Per noi quanto è successo non può essere derubricato a “caso di eccezionale gravità ma isolato” come si tenta di fare in queste ore.

È un ulteriore segnale che – afferma Di Giacomo – la campagna di delegittimazione della polizia penitenziaria accentuata negli ultimi mesi, a seguito dei fatti di Santa Maria Capua Vetere, incoraggia criminali e bande a rialzare la testa per imporre la propria legge sino a permettersi, a colpi di pistola, di regolare i conti tra affiliati a cosche.

Se questo non fa allarmare ed intervenire tanto vale che si consegnino le chiavi delle celle direttamente ai criminali.

Eppure come S.PP. da tempo abbiamo messo in guardia: nelle carceri c’è chi punta a sfruttare la debolezza dello Stato e il clima di “buonismo” nei confronti di criminali che devono scontare lunghe e pesanti condanne.

Non è un mistero per nessuno che il personale penitenziario è il bersaglio dei criminali attraverso una vera e propria “caccia all’uomo” come dimostra l’alto numero di aggressioni e violenze.

II servitori dello Stato nelle carceri – continua Di Giacomo – lavorano in condizioni rese ancora più difficili dalla “spada di Damocle” di finire sotto inchiesta per l’attività di controllo e di contenimento dei detenuti violenti, rischiando di passare per “torturatori” di “persone indifese”, salvo a tirare fuori pistola, armi contendenti, telefonini.

Spero che adesso i cittadini, l’opinione pubblica, i politici si rendano conto che nelle carceri non sono reclusi vittime o angeli, ci sono autori di crimini efferati per i quali da tempo invece si sostengono la clemenza e provvedimenti di indulto.

Se non interverranno misure immediate in direzione delle proposte presentate da anni, tra le quali il potenziamento di mezzi e personale, l’attività di contenimento dei troppi episodi di violenza contro gli agenti torneremo indietro agli anni bui dei terroristi detenuti”.
Lo Stato – conclude Di Giacomo – riaffermi la sua presenza nel carcere e soprattutto dopo gli impegni solenni del presidente Draghi e del ministro Cartabia, è ora che ci si occupi seriamente – non solo attraverso le ispezioni, a cose fatte – dei problemi del sistema penitenziario senza illudersi che sfollando le celle, tutto si risolva di colpo”.

Il Segretario Generale

Dott. Aldo Di Giacomo

Dott. Aldo Di Giacomo

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