Nessuna confusione tra vittime e carnefici; uno stop, una pausa di riflessione e di approfondimento sulla riforma carceraria; maggiore sicurezza dentro il carcere (in particolare per il personale) e fuori per i cittadini: sono questi i temi affrontati oggi da Aldo Di Giacomo, responsabile Sicurezza per Civica Popolare e segretario generale del S.PP. (Sindacato Polizia Penitenziaria) in una conferenza stampa che si è svolta a Palermo nei pressi dell’ingresso del carcere dell’Ucciardone. La scelta della giornata di oggi 21 febbraio e del Carcere palermitano non hanno nulla di casualità per alcune due ordini di motivazioni spiegate da Di Giacomo, candidato nel Collegio plurinominale Camera Sicilia 1-02 (Bagheria-Monreale-Marsala), capolista per Civica Popolare:
1. Domani 22 febbraio – secondo l’annuncio del Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni – i decreti attuativi della riforma carceraria dovrebbero essere all’ordine del giorno del Consiglio dei Ministri per dare corso definitivo. I decreti attuativi sono fondamentali per decidere se recepire le osservazioni delle commissioni giustizia di Camera e Senato. La seconda ha chiesto modifiche restrittive, accogliendo le forti perplessità di alcuni magistrati antimafia.
2. L’UCCIARDONE è il carcere simbolo di forti problematicità che vive tutto il sistema penitenziario italiano. il segretario del Pd Matteo Renzi lo scorso 18 febbraio ha dichiarato: “dal 2013 al 2018 i posti in carcere sono aumentati dell’11%, sto parlando della capienza. Purtroppo venivamo da una situazione già allora di sovraffollamento”. Il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria del Ministero della Giustizia certificava, al 2013, una capienza regolamentare di 47.040 posti. Cinque anni dopo, al 2018, i posti sono aumentati a 50.517. Un aumento della capienza regolamentare di 3.477 posti dunque, corrispondenti al 7,4% del totale. Renzi ha ragione nel sostenere che ci sia stato un aumento dei posti disponibili nelle carceri italiane durante l’ultima legislatura. Sbaglia un poco nel quantificare l’aumento: non dell’11% ma del 7,4%. Ma i problemi delle carceri non si fermano a questo come sa bene il personale penitenziario che lavora ogni giorno a rischio della propria incolumità: atti di violenza tra detenuti hanno avuto un incremento del 700% e ogni giorno 12 poliziotti in media sono costretti a ricorrere alle cure di sanitari.
Nei giorni scorsi Di Giacomo ha chiesto al PREMIER Gentiloni di “fermarsi”. A volte – ha detto – è più saggio ammettere lo sbaglio che continuare a sbagliare. Parliamo di un provvedimento di forte impatto per la sicurezza non solo nelle carceri quanto dei cittadini deciso in maniera troppo frettolosa, senza il giusto approfondimento e l’adeguata consultazione. E’ questo un tema che non appartiene né alla destra e né alla sinistra perché alla sempre più diffusa paura tra i cittadini, alimentata dai continui fatti di cronaca di questi giorni, si aggiunge per tanti capi mafia e appartenenti ad organizzazioni criminali sottoposti al 41 bis la possibilità di uscire dal regime duro per godere di misure di detenzione “più comoda”. Sono 730 i detenuti sottoposti al 41 bis. Proprio come è accaduto a seguito dell’«operazione Montagna», ad Agrigento, con la decisione del tribunale del Riesame di annullare i provvedimenti cautelari emessi per capimafia e criminali. Ci sono in proposito magistrati che se ne occupano da molti anni e che ci mettono in guardia sui rischi reali del provvedimento. Ascoltiamoli. Il nuovo ordinamento giudiziario, così come è formulato contiene troppi elementi pericolosi tra i quali il cosiddetto “scioglimento del cumulo di pena”, la riduzione dell’uso della detenzione, l’aumento di benefici ai detenuti, l’anticipo dei termini di scarcerazione anche con l’incremento del numero di braccialetti elettronici. L’errore più grave è l ‘aumento della liberazione anticipata a 75 giorni a semestre, oltre ad un insieme di altre previsioni che di fatto cancellano la certezza della pena. Io – ha detto ancora – STO DALLA PARTE DELLE VITTIME L’Associazione Vittime del Dovere, Onlus nazionale con sede a Monza che rappresenta i familiari di appartenenti alle forze dell’ordine, armate e magistratura rimasti uccisi o gravemente feriti nella lotta alla criminalità comune, alla criminalità organizzata e al terrorismo, lancia un appello contro la riforma dell’ordinamento penitenziario voluta da Orlando. Secondo l’associazione, i provvedimenti oggetto del decreto indeboliranno il sistema giudiziario e carcerario: uno “svuota carceri” mascherato, fino alla rottamazione del 41bis. Tra i punti critici: Alla Direzione Nazionale Antimafia verrà inoltre tolto il potere di bloccare l’applicazione di benefici ai detenuti in virtù di possibili collegamenti con la malavita, le cui verifiche saranno invece demandate direttamente alle Procure territoriali. Su questo punto si è espresso il Procuratore Nazionale Antimafia Federico Cafiero De Raho, secondo il quale solo un pool centralizzato di specializzati può avere un quadro chiaro dei collegamenti con le cosche. Per chi verrà condannato a pene inferiori a quattro anni, la carcerazione non sarà più prevista. Inoltre la Polizia Penitenziaria dovrà verbalizzare in modo più puntuale e sistematico eventuali attività di indagine e perquisizioni in cella. Infine, nei benefici relativi a permessi premio, lavoro esterno e affidamenti in prova, saranno inclusi anche condannati per riduzione in schiavitù, tratta di persone, prostituzione minorile, violenza sessuale di gruppo, pornografia minorile e associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga. Ricordo le osservazioni del Procuratore aggiunto di Catania Sebastiano Ardita, ex direttore ufficio detenuti intervenuto in Commissione in Senato, a gennaio che ha chiesto al Dipartimento di Giustizia Minorile e al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria i dati del tasso di recidiva nelle carceri, relativi agli ultimi dieci anni, sentendosi rispondere che in dati non ci sarebbero affatto. Secondo Ardita, il decreto potrebbe incidere anche sul 41bis, ovvero “trasformandosi in un possibile varco attraverso il quale una abbondante fetta di detenuti di mafia uscirebbero dal regime speciale”. E, ancora “la norma pone seri problemi di ordine pubblico, nella misura in cui consente a esponenti di mafia, anche pericolosi, di ottenere la possibilità di uscita dal carcere al determinarsi di condizioni impeditive del ruolo della madre”. Un altro dubbio sulle garanzie antimafia, oltre a quello sui maggiori margini per le donne boss, riguarda la visione più parcellizzata delle singole condanne, laddove ci sia da decidere se sottoporre o meno un detenuto a un regime restrittivo. INVECE Franco Corleone, a nome e per conto del Coordinamento nazionale dei Garanti regionali e territoriali delle persone detenute, ha proposto per la giornata di giovedì 22 febbraio p.v. – in concomitanza con la preannunciata riunione del Consiglio dei Ministri – l’adesione all’attuale mobilitazione nelle carceri a sostegno della riforma. Non mi pare che abbia ragioni valide se non di natura umanitaria cosa è accaduto in Sicilia negli ultimi giorni: inchiesta Barcellona Pozzo di Gotto. L’inchiesta della Procura di Barcellona Pozzo di Gotto che ha portato a 8 misure cautelari contro amministratori, tecnici e funzionari comunali del centro è la riprova che il tema della legalità in Sicilia è quello centrale di questa campagna elettorale di cui pochissimi parlano.
BIMBA SICILIANA FATTA PROSTITUIRE: NESSUNO SI INDIGNA PER GLI ARRESTI DOMICILIARI A GENITORI E VIOLENTATORI “È mai possibile che nessuno si indigni di fronte al fatto che né i genitori della bambina siciliana fatta prostituire e né i due uomini che l’hanno violentata sono finiti in carcere ma solo agli arresti domiciliari?”. È da mesi che nel mio tour in giro per le principali città italiane e gli istituti penitenziari sui temi della sicurezza dei cittadini sostengo che oggi nel nostro Paese è diffusa una gravissima malattia: non si riesce a distinguere chi è la vittima e chi è il carnefice. In troppi casi si adottano provvedimenti giudiziari che non rispondono alla domanda di un Paese democratico e civile di fare vera giustizia. E per restare alla vittima non si sottovaluti che la bambina affidata ad una casa famiglia, per l’attuale meccanismo di legge, non potrà essere data in adozione in tempi ragionevoli. Ho seguito personalmente numerosi casi analoghi con il risultato che ci vogliono anni di procedimenti giudiziari e di complesso iter burocratico prima che per la giovanissima vittima di violenza possa scattare il via libera all’adozione. Il carcere è lo specchio di quello che succede anche all’esterno con intere zone, quartieri di città in mano a delinquenti ed extracomunitari clandestini, che come hanno dimostrato i numerosi ed efferati fatti di cronaca sono gli autori di rapine, aggressioni specie nei confronti degli anziani, insieme alle donne tra le categorie sociali più vulnerabili. Altro che creare più sicurezza svuotando le carceri e introducendo misure cosiddette alternative e di ravvedimento; con più malviventi in giro – è il messaggio conclusivo di Di Giacomo – accade esattamente il contrario. ELEZIONI. Sono l’unico dipendente di un Corpo delle Forze dell’Ordine (Polizia Penitenziaria) ad essere candidato per il rinnovo del Parlamento Italiano e per questo sono orgoglioso. Ho accettato infatti la proposta di candidatura che mi è stata offerta da Civica Popolare con l’obiettivo di dare rappresentanza e voce alla nostra categoria che in lunghissimi anni di vita parlamentare, eccetto rare eccezioni, non ha mai avuto un punto di riferimento proveniente da un parlamentare espressione diretta di uno dei Corpi.