“A distanza di poche ore due suicidi – un detenuto nigeriano a Foggia e un detenuto marocchino a Firenze – fanno salire a 80 i suicidi nelle carceri italiane dall’inizio dell’anno.
Mai un numero così alto: tra suicidi e decessi sono 190 le vittime in totale, senza sottovalutare che per un buon numero le cause sono ancora in corso di accertamento.
Se non sono questi i numeri per accertare le responsabilità, con la nostra reiterata richiesta di dimissioni del capo del DAP, cosa dobbiamo aspettarci ancora?”.
È l’interrogativo del segretario generale del S.PP. (Sindacato Polizia Penitenziaria) Aldo Di Giacomo che aggiunge: “cresce il numero di stranieri che si sono tolti la vita, in totale 47, più del 50%, mentre il carcere di Foggia con 5 suicidi e un omicidio nel 2022 diventa il luogo di morte in assoluto il peggiore dei penitenziari del Paese, seguito da Firenze con 4 suicidi.
Una situazione di intollerabile vergogna a cui va rapidamente messo fine.
Il personale di polizia penitenziaria è stanco di tenere il conteggio dei detenuti che si tolgono la vita e di rinnovare l’allarme a fare presto.
Un altro aspetto specifico riguarda i detenuti extracomunitari, per lo più Nord Africani e Africani – circa il 60% dei 12mila di tutte le nazionalità estere – e per i quali l’assenza di mediatori culturali e psicologi si fa sentire in maniera ancora più pesante.
E poi – altro elemento sempre più preoccupante – si abbassa l’età dei detenuti suicidi a riprova che i giovani, insieme ai tossicodipendenti e a quanti hanno problemi psichici sono i più fragili e vulnerabili.
È legittimo chiedere che chi ha pensato alla circolare sui suicidi dimostratasi fallimentare, come la task force insediata dalla precedente Ministra Grazia e Giustizia, tenuto conto che la Cartabia non c’è più, ne risponda personalmente?
Tanto più che è stato lo stesso Capo del DAP Renoldi a definire i suicidi “una sconfitta per le istituzioni”.
Del resto è troppo facile – continua Di Giacomo – procedere al classico ‘scarica barile’ delle responsabilità pur sapendo che né provveditori né direttori dispongono di risorse umane (psichiatri, psicologi) e finanziarie, strumenti e strutture per intervenire.
E poi – aggiunge – un altro elemento sempre più preoccupante. Purtroppo – dice Di Giacomo – mentre si leggono impegni politici e dichiarazioni di nuovi parlamentari ed esponenti di Governo i suicidi dovrebbero riportare alla realtà del carcere ed accelerare le misure da prendere passando dalle parole generiche e di circostanza, quasi sempre le stesse, ai fatti.
Anche gli annunci per la costruzione di nuovi padiglioni lasciano il tempo che trovano.
Così come è troppo facile, come è accaduto sinora da parte del DAP, invitare i provveditori a garantire una particolare attenzione alla formazione specifica del personale, attraverso cicli di incontri a livello centrale e locale, destinati a tutti gli attori del processo di presa in carico dei detenuti.
Questa mattanza silenziosa deve finire con misure e azioni concreti perché lo Stato ha in carico la vita dei detenuti e ne risponde.
Si ascoltino le proposte del sindacato di polizia penitenziaria che quotidianamente si misura con l’emergenza suicidi”.