“La caccia all’uomo in divisa, che negli ultimi giorni sembra intensificata con tanti casi in tutt’Italia, comincia dal carcere, perché se le continue aggressioni, accompagnate da azioni di delegittimazione, a cui sono sottoposti gli agenti penitenziari sono tollerate questo diventa un messaggio di incoraggiamento per fare altrettanto fuori dal carcere”.
Lo afferma il segretario del Sindacato di Polizia Penitenziaria (S.PP.), Aldo Di Giacomo, che aggiunge: “la tutela della polizia penitenziaria e di tutte le forze dell’ordine diventa perciò il primo obiettivo del tour che ho cominciato da qualche giorno tra gli istituti penitenziari delle principali città e dello sciopero della fame giunto al nono giorno per accendere l’attenzione di Parlamento e politica sull’emergenza del sistema carcerario e sulla sicurezza dei cittadini”.
Del resto Di Giacomo sta pagando in prima persona l’esposizione contro la criminalità: dopo il pacco bomba fatto recapitare nella sua abitazione, lettere e mail dai toni chiaramente di intimidazione ed altro, ha ricevuto sempre a casa sua una lettera contenente due proiettili di arma da fuoco e un messaggio di minacce dirette a lui e alla sua famiglia.
Ma – sottolinea – non mi lascio intimorire come dimostrano le prime azioni di protesta a cui faranno seguito altre più clamorose sino al sit-in davanti al Parlamento organizzato nella prossima settimana.
Ad incoraggiarmi sono già oltre 8 mila i messaggi di solidarietà e sostegno arrivati nel giro di pochi giorni.“
Non è certo l’estensione dell’uso della pistola taser a cui sta pensando il Governo, che comunque non accoglie la nostra richiesta per la dotazione anche al personale penitenziario, a risolvere l’emergenza “tutela forze dell’ordine” per la quale gli altri sindacati si limitano ai soliti e formali comunicati dopo che l’aggressione è avvenuta e la politica – dice Di Giacomo – a dichiarazioni di circostanza.
Il S.PP. ha presentato una proposta efficace: pene severe, per almeno cinque anni di reclusione e senza possibilità di ammissione a qualsiasi tipo di beneficio, per chiunque aggredisce un uomo o una donna in divisa.
Bisogna smetterla con il “buonismo” che è la teoria di base del nostro sistema carcerario che punta a redimere chiunque, anche chi ammazza un poliziotto.
Se lo Stato ha ammainato bandiera bianca e delegato il controllo degli istituti penitenziari ai capi clan, noi non ci rassegniamo affatto, siamo e saremo a tutela della legalità, dell’autentica giustizia, della sicurezza dei poliziotti penitenziari”.