“Lo sfregio al murale dedicato a Roma a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino con scritte contro il 41 bis è un inquietante segnale del tentativo di terrorismo e criminalità organizzata di approfittare della gravissima situazione di emergenza del sistema penitenziario per riprendere la lotta al 41 bis mai interrotta”.
Lo afferma il segretario generale del S.PP. (Sindacato di Polizia Penitenziaria), Aldo Di Giacomo, impegnato da giorni in uno sciopero della fame e in tour tra le carceri per denunciare la gravità della situazione e sollecitare urgenti interventi di istituzioni e della politica.
“Non è la prima volta e credo non sarà l’ultima – aggiunge – che si salda una comune strategia tra gruppi eversivi e clan mafiosi per puntare all’abolizione del 41 bis e comunque a rendere il carcere “meno duro” per terroristi ed affiliati ai clan.
La nostra preoccupazione – dice ancora Di Giacomo – è che da una parte la scarsa attenzione dell’Amministrazione Penitenziaria e ancor più della politica, affaccendata in campagna elettorale, e dall’altra il clima buonista alimentato nel Paese per condizioni migliori per i detenuti (anche quelli pericolosi) aiutino questo tentativo che va denunciato e sventato sul nascere.
A questo si aggiunge la grande confusione che regna nell’Amministrazione Penitenziaria tra annunci e smentite di colloqui tra i detenuti a regime 41 bis e i familiari ed avvocati. In questo modo non solo si alimentano nuove tensioni tra i detenuti a regime 41 bis e i familiari ma si sottovalutano gli effetti sul resto della popolazione carceraria.
Continuiamo pertanto, come abbiamo scritto al Presidente della Repubblica Mattarella e ai Presidenti delle Regioni – dice il segretario del S.PP. – ad essere fortemente preoccupati perché in questo clima potrebbero riaccendersi nuove proteste e rivolte come quelle avvenute nella primavera del 2020.
Anche le proposte che entrano nelle celle da fuori per favorire le cosiddette misure alternative alla detenzione, come la richiesta di abrogare la norma sul divieto dei benefici, in base a sentenze emesse dalla Corte Costituzionale e dalla Commissione Giustizia Europea, in mancanza di un quadro giuridico già normato e certo, contribuiscono ad aumentare le tensioni”.