“Nessuna sorpresa, almeno per noi, nel leggere le dichiarazioni di collaboratori di giustizia su chi comanda nel carcere di Cosenza con un controllo ferreo dei detenuti e la spartizione del comando tra clan regionali.
Ordini di picchiare detenuti ed ordini all’esterno sono purtroppo un sistema diffuso non solo a Cosenza”.
A sostenerlo è Aldo Di Giacomo segretario generale del Sindacato Polizia Penitenziaria per il quale “interrompere la catena di comando e ristabilire il controllo delle carceri da parte dello Stato è una priorità che abbiamo sottoposto alla Premier on. Meloni e sottoporremo al neo Ministro alla Giustizia Carlo Nordio.
Non deve essere più consentito che boss e capoclan dettino il proprio regolamento penitenziario.
L’attesa per il processo di cambiamento della politica penitenziaria del Governo è pertanto forte innanzitutto tra il personale di polizia che ha diritto di essere tutelato dalle continue aggressioni ma anche tra i detenuti come le prime rivolte di Trento e Terni hanno dimostrato.
In proposito – aggiunge Di Giacomo – c’è un rischio da scongiurare: se il cambiamento non sarà sostenuto da scelte mirate, accompagnate dalla condivisione dei sindacati del personale penitenziario, nello specifico quelli che conoscono le problematiche incancrenite e lasciate in eredità dal Governo ancora in carica, gli effetti potrebbero trasformarsi in un boomerang contro chi pure ha propositi di rimettere ordine delle carceri.
Occorre perciò grande equilibrio per rispondere alla ventata di buonismo che si è diffusa negli ultimi anni con il risultato, sotto gli occhi di tutti, del carcere diventato luogo di impunità – dove è consentito ai criminali più violenti fare di tutto e di più e soprattutto svolgere la “caccia all’agente” – procedendo con misure e provvedimenti di riequilibrio del sistema penitenziario.
Il pericolo che ravvisiamo, mettendo in guardia la coalizione politica che ha vinto le elezioni ed è chiamata a governare il Paese – aggiunge Di Giacomo – è che in caso di cambiamenti troppo veloci ad approfittarne siano i clan e le organizzazioni criminali e i loro fiancheggiatori di diverso orientamento.
Per questa ragione pensiamo che il confronto debba intensificarsi per ragionare insieme su quale percorso individuare perché il nuovo Governo affronti l’emergenza carceraria con misure adeguate.
Da servitori dello Stato l’impegno del personale penitenziario in questa fase di cambiamento è ancor più rivolto a far rispettare la legalità e al contrasto a mafia e criminalità che, a nostro parere, deve svolgersi a partire dalle carceri.
E al nuovo Governo chiediamo di essere messi nelle condizioni di poterlo fare perché non basta annullare le cosiddette riforme introdotte dalla Ministra Cartabia e le tante circolari contradditorie ed inefficaci del DAP”.