“Come è stato possibile che un detenuto, nel giro di due anni, abbia ucciso due compagni di cella simulandone i suicidi e perché ci sono voluti sino a 7 anni per accertarne la responsabilità?
Sono domande alle quali è necessario dare risposte chiare ed esaurienti in tempi brevi altrimenti il carcere passa nell’immaginario collettivo per il luogo dove ai criminali tutto è consentito e persino, se si è fortunati, di restare impuniti persino da brutali assassini”.
È quanto afferma il segretario generale del S.PP. – Sindacato Polizia Penitenziaria – Aldo Di Giacomo in riferimento alla richiesta di ergastolo per Daniele Cestra, 44 anni, accusato di due omicidi nel carcere di Frosinone avvenuti nel 2015 e nel 2016. Un assassino seriale – evidenzia Di Giacomo – che avrebbe meritato ben altre condizioni di detenzione e sorveglianza e comunque di isolamento.
Nel ricordare che dall’inizio dell’anno i decessi in carcere sono stati 47 di cui 22 suicidi (lo scorso anno in totale 132 di cui 54 suicidi) il segretario del Sindacato Polizia Penitenziaria sottolinea l’esigenza che lo Stato assicuri la salute dei detenuti e che il carcere non diventi una sorta di “discarica sociale” senza i controlli dovuti specie per persone con problemi psichici.
Ma prima di tutto – dice Di Giacomo – è essenziale che si introducano le misure per ridurre i casi di aggressioni violente, risse tra detenuti e di autolesionismo oltre che di aggressioni agli agenti. I penitenziari sono diventati ring di box e palestre dove i reclusi sfogano rabbia e violenza.
Ed è semplicemente impensabile che sugli agenti si scarichino ogni responsabilità ed incombenza per il controllo.