“Le motivazioni della sentenza di condanna contro il “clan dei nocerini” guidato da Michele Cuomo sono esemplari di quanto denunciamo, purtroppo inascoltati, da tempo: dal carcere i capo clan continuano a comandare ogni tipo di traffico e ad impartire ordini agli affiliati sui territori”.
È quanto evidenzia il segretario generale del S.PP. – Sindacato Polizia Penitenziaria – Aldo Di Giacomo sottolineando che il magistrato è stato chiarissimo scrivendo che “Cuomo anche dal carcere controllava le piazze di spaccio di Nocera Inferiore e dell’agro nocerino”.
Per Di Giacomo è solo “un’ulteriore conferma che fa seguito alla recente relazione della Dia (relativa al primo semestre 2021) che ha messo in guardia non solo sull’impiego dei telefonini per le comunicazioni con l’esterno ma sul fatto che camorristi e mafiosi si sono evoluti tecnologicamente facendo uso dei social network per condividere messaggi testuali e frammenti audiovisivi espliciti di ispirazione camorristici.
L’uso dei telefonini dal carcere dunque, con i continui ritrovamenti specie dalle sezioni in cui sono detenuti i 41 bis, rileva che non è solo uno strumento per impartire gli ordini sui territori ma anche per rafforzare l’immagine dei capi clan e famiglie”.
“Si conferma pertanto la necessità di contrasto all’uso dei telefonini e di rendere effettiva la detenzione per i 41 bis.
Inoltre, come già nelle relazioni della Dia, sempre nella sentenza contro il “clan Cuomo” c’è la conferma che le alleanze tra clan camorristici si costruiscono in carcere, a prescindere dalla detenzione, come rilevato da intercettazioni telefoniche, mentre le scarcerazioni di capi clan ed affiliati, spesso per effetto di sentenze della Cassazione come accaduto di recente a Napoli, possono rappresentare l’occasione per rinsaldare gli assetti criminali soprattutto in quelle aree caratterizzate da vecchie faide tra clan rivali, sino a quel momento latenti proprio per effetto della detenzione in carcere dei loro vertici.
Più in generale, il ritorno nel territorio per effetto delle scarcerazioni di personaggi di particolare caratura criminale – come spiegano i magistrati – è destinato ad avere importanti ripercussioni sulle dinamiche interne ed esterne ai clan.
Ci sono dunque – dice Di Giacomo – lezioni da cogliere perché come abbiamo sempre sostenuto la lotta a mafia, camorra, ‘ndrangheta si fa anche nelle carceri dove l’attività criminale prosegue e si intensifica la sfida allo Stato per dimostrare che il dentro e fuori comandano sempre loro”.