Si chiama “Caccia allo sbirro”. E’ una piattaforma interattiva sul web per scambiare informazioni – attraverso il sistema di copertura Tor – sui poliziotti che “si accaniscono contro la classe operaia” al fine di organizzare operazione di “difesa”, che potrebbero anche tradursi in vendette personali, ritorsioni, anche azioni di pestaggio e violente.
A denunciare il pericolo è il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria che ha inviato una circolare ai responsabili dei reparti operativi mobili di vari Istituti penitenziari (Ascoli Piceno, Milano Opera, Roma Rebibbia e altri). A sua volta, l’avviso è stato recapitato alla Direzione generale del Personale. L’allarme, quindi, è alto. Sono state allertate tutte le forze di polizia.
Il sito risponde all’indirizzo web http://cacciaallosbirro.awardspace.info.
L’home page si apre con un annuncio. “La polizia politica – si legge – basa la sua forza anche sul fatto che i suoi agenti, infiltrati, spie e collaboratori non sono conosciuti alle masse popolari. Farli conoscere è un modo pratico per rendere il loro sporco lavoro se non impossibile, almeno difficile. Facciamo circolare le loro foto e i loro dati!”. Da qui arriva, poi, l’invito ad inviare foto e schede personali di poliziotti in servizio, avendo cura, però, di utilizzare il sistema Tor.
COSA E’ IL SISTEMA TORTor (The Onion Router) è un protocollo di comunicazione che consente di conservare l’anonimato su Internet, o meglio di rendere molto più complicato tracciare l’indirizzo Ip di provenienza degli utenti, consentendogli così di agire con atti confidenziali con minore timore di essere individuati.
Per usare Tor basta scaricare un software gratuito ed eseguirlo sul proprio computer, usando il browser come fosse la porta schermata di un sistema complesso di router. Chiedere, quindi, ai propri utenti di inviare tramite Tor significa non voler essere identificati.
L’invito alla “denuncia dei servi del regime”, al momento, non ha molti seguaci. Sono state pubblicate sette serie fotografiche. Ci sono volti provenienti da Milano, altre sono a Bergamo, Napoli, Bologna, Pisa, e in quattro manifestazioni a Roma, con foto di presunti poliziotti definiti infiltrati, che vengono sempre indicati solo con le immagini e mai con nomi e cognomi.