Se ha più spazio nei media italiani l’evasione del boss della ‘ndrangheta dal carcere di Montevideo rispetto a quella del detenuto albanese, anch’egli trafficante di droga, dal carcere di Trapani, è sicuramente perché da noi le evasioni sono all’ordine del giorno e non fanno più notizia.
Ad affermalo è Aldo Di Giacomo segretario generale del Sindacato Polizia Penitenziaria S.PP. che aggiunge: “solo le modalità di questa evasione considerata da acrobata per aver scavalcato le mura di cinta desta qualche curiosità. Siamo ormai di fronte ad uno dei tanti film dedicati ad evasioni celebri con scene viste e riviste tenuto conto che l’attore-protagonista, detenuto albanese, lo ha già fatto in passato.
Le carceri italiane sono un colabrodo: almeno 160 evasioni dal 2016 ad oggi se si sommano anche le evasioni di quanti hanno avuto il braccialetto elettronico o erano agli arresti domiciliari. Una situazione che il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e il Ministero di Grazia e Giustizia non sono in grado di fronteggiare.
Come per l’evasione dell’albanese da Trapani purtroppo anche l’ennesimo suicidio di una gente di Polizia Penitenziaria non fa più nulla, a causa di una sorta di assuefazione che si è creata. II riferimento è al collega di circa 50 anni, originario di Sassari e da molti anni in servizio nel carcere di Vigevano, che si è tolto la vita, sparandosi con la pistola d’ordinanza, in Sardegna, dove trascorreva un periodo di ferie”.
Gli agenti penitenziari – dice ancora Di Giacomo – continuano ad essere le vittime di un sistema penitenziario che continua a confondere tra vittime e carnefici con la possibilità per quest’ultimi di godere di celle aperte al punto da andare via quando vogliono. Il sindacato S.PP. continuerà anche in questa stagione estiva la campagna battezzata “Noi le vittime loro i carnefici” perché seriamente preoccupato di quanto sta accadendo in questo periodo e per tenere alta l’attenzione delle istituzioni e dell’opinione pubblica su queste problematiche e in particolare su quello che è stato chiamato “il male oscuro” che affligge uomini e donne in divisa.