Con le temperature torride di questi giorni, che in tante città hanno sfiorato i 40 gradi, nelle carceri il lavoro degli agenti di polizia penitenziaria e la vita dei detenuti sono dappertutto insopportabili.
Il caldo diventa l’effetto scatenante di tensioni che in strutture fortemente inadeguate sono amplificate e difficili da contenere.
Da settimane con la temperatura sempre in aumento i muri di cemento armato cominciano a rilasciare calore fino a trasmettere una sensazione di soffocamento, e un po’ alla volta si fermano tutte le attività. Anche gli operatori hanno diritto alle vacanze; cominciano a mancare i volontari, che sono il motore principale di tutte le iniziative che si svolgono in carcere, poi si comincia a chiudere il campo sportivo e la palestra ”per mancanza di personale”, e alla fine, anche tutti i movimenti interni si interrompono e in agosto cessano qua- si tutte le attività.
L’unica opportunità che viene data ai detenuti è quella di scendere all’aria, ai passeggi, solo che ciò accade in ore quando il sole cocente brucia e non c’è neanche un posto dove potersi riparare, diventando la zona d’aria una vasca di cemento con l’aria afosa, pesante, soffocante.
Proprio per questo l’estate è il periodo più critico per i suicidi in carcere, le statistiche degli ultimi decenni l’hanno dimostrato. I suicidio in 48 ore di due detenuti nelle carceri di Ferrara ed Avellino è l’ennesimo campanello d’allarme che il Spp ha già lanciato. Dall’inizio dell’anno sono già 28 i suicidi di detenuti mentre l’estate di due anni fa solo nei mesi di luglio ed agosto 12 persone si sono tolte la vita. Ci sono poi i numerosi gesti di autolesionismo e quelli ancora maggiori di risse tra detenuti a rendere la situazione ancora più allarmante. Il personale penitenziario fa già molto, lo dimostra il dato dei suicidi in diminuzione e i tantissimi casi di autolesionismo che solo grazie al pronto intervento del personale non hanno avuto esiti nefasti. Ma siamo stanchi ed amareggiati nell’assistere a continui suicidi.
Il lavoro già complicato del personale penitenziario non può bastare e se è difficile evitare un suicidio, proprio perché è un gesto estremo, si può e si deve fare di più in termini di prevenzione. Una situazione diventata intollerabile. La causa principale è la disattenzione della politica mischiata ad un atteggiamento buonista sintetizzabile dietro la presunzione di rieducare tutti i detenuti e malviventi nonostante gli efferati crimini commessi e ripetuti.
E’ dunque questo il sistema che non funziona. Abbiamo sempre considerato la rieducazione un elemento essenziale per rendere moderna ed efficace la detenzione ma non può diventare metodo di ricerca di una sorta di “rieducazione per forza” e per tutti. E come se non bastassero i quotidiani episodi di aggressione a guardie carcerarie, di risse tra detenuti di varie etnie, le bombe molotov contro auto dentro il carcere di Pisa, la situazione insostenibile per il personale di polizia penitenziaria che denunciamo da tempo, la strada intrapresa è sbagliata e senza ritorno.
Ultimo caso da far conoscere all’opinione pubblica: il progetto di nuovo carcere a Nola, costato 120 milioni di euro, che più che carcere sarà un residence senza mura di cinta e senza adeguati servizi di sicurezza per 1200 detenuti. Infine, la scarcerazione, dopo solo 36 ore in cella, dell’immigrato della Guinea, con ordine di espulsione, che ha aggredito un poliziotto alla stazione Centrale di Milano, è l’ennesimo caso che vede tutelati i malviventi e non gli uomini delle forze dell’ordine. E’ uno Stato che con l’ “Introduzione del delitto di tortura nell’ordinamento italiano” ha pensato a tutto ma aggiunge non a chi svolge il lavoro quotidiano per la difesa dei cittadini.
E’ questa anzi una legge inutile tenuto conto che in Italia, questa forma di reato, è già prevista e sanzionata in va rie normative ed è ancor più una legge dannosa perché potrebbe incentivare anche accuse infondate nei confronti di operatori di Polizia che, comunque, sarebbero costretti ad affrontare spiacevoli situazioni. E’ il caso piuttosto di pensare a forme più incisive di contrasto di delinquenza e degrado che se non fosse per le forze dell’ordine che presidiano piazze, stazioni, aeroporti, ecc. sarebbero maggiori.
Di fronte ad una gravissima sottovalutazione politica dei problemi della sicurezza dei cittadini specie per il continuo ingresso nel Paese di extracomunitari clandestini che delinquono per i quali è necessario definire procedure di rapida espulsione e delle condizioni di lavoro degli addetti ai Corpi di Polizia, noi non ci stiamo e per tutelare tutti gli operatori di Polizia promuoveremo iniziative di mobilitazione e di protesta. Pensiamo in proposito a forme di autotutela più incisive ed eclatanti di quelle che co me sindacato di polizia penitenziaria già svolgiamo tutti i giorni nei confronti della categoria che rappresentiamo.