“L’ennesima operazione di arresto di una baby gang – questa volta a Torino dove quattro giovani tra i 15 e i 17 anni seminavano il terrore – rilancia l’allarme sulla criminalità di ragazzi sempre più giovani di età e anche di ragazze (le baby gang al femminile non sono più una novità) che si è diffuso con rapidità e da tempo in grandi e piccole città di tutto il territorio nazionale.
Puntualmente ad ogni episodio che finisce sui giornali si susseguono “letture” sociologiche e scontati commenti politici.
Nessuno però si chiede cosa accade quando i ragazzi sono arrestati e a cosa servano i 17 Istituti Penali per Minorenni che ospitano oggi circa 300 giovanissimi, un numero forse mai così basso negli ultimi due anni a causa della diffusione della pandemia che ha orientato i magistrati a ricorrere ad altre misure, a fronte dei circa 15mila ragazzi che sono in carica al nostro sistema giudiziario”.
A sostenerlo è il segretario generale del S.PP. – Sindacato Polizia Penitenziaria – Aldo Di Giacomo che aggiunge: “il primo problema è infrastrutturale oltre che di personale. Invece di stanziare 28 milioni per le casette per l’amore il Ministero dovrebbe pensare agli istituti per minori per potenziarne il ruolo effettivo di rieducazione oltre all’adeguamento delle strutture carcerarie esistenti, fatiscenti e vetuste.
Se è utile ed importante soprattutto per le famiglie e gli educatori della scuola capire un fenomeno in forte crescita e diffusione lo è altrettanto – afferma – interrogarsi su cosa fare per la rieducazione dei giovanissimi autori di reati, perché un elemento credo sia da tutti condiviso: l’attuale sistema carcerario per minori non serve a nulla.
Anzi il 90% di chi entra in un istituto per minori si avvia verso una “carriera criminale”
passando come stadio successivo immediato al carcere normale.
Il 70% dei ragazzi entra per custodia cautelare, con una permanenza media di poco superiore ai 100 giorni.
La novità degli ultimi anni riguarda la presenza in forte aumento di ragazzi stranieri che ad oggi sono intorno al 50% del totale. In questa situazione esplosiva – dice il segretario del S.PP. – diventa fondamentale avviare percorsi innanzitutto di studio e poi di formazione al lavoro e, contestualmente, rafforzare le attività ed esperienze di lavori socialmente utili.
I ragazzi devono imparare un mestiere e convincersi che il proprio riscatto è nel non delinquere.
Purtroppo dopo la cosiddetta “riforma Cartabia” e quello che accade nelle carceri – dice Di Giacomo – non ci aspettiamo nulla dal Ministro e dal Parlamento per cambiare gli istituti per minori.
E siamo fortemente preoccupati perché la sicurezza dei cittadini, come stiamo ripetendo da tempo, si costruisce a partire dalla gestione dei penitenziari dove comandano ancora “loro”, i boss, i capo-clan, i più violenti, che continuano a rappresentare per troppi giovanissimi esempi da emulare”.