“La decisione dei sette colleghi di Poggioreale, imputati in un processo, di rinunciare, qualora dovesse sopraggiungere, alla prescrizione dei reati, è un segnale di grande responsabilità civica e di attaccamento alle istituzioni, che merita di essere sottolineato. Non so quanti cittadini, senza divisa, lo avrebbero fatto”.
È il commento del segretario generale del Sindacato Polizia Penitenziaria – S.PP. – Aldo Di Giacomo che aggiunge: “da servitori dello Stato gli agenti di Poggioreale hanno dato prova di “senso dello Stato”, certi di poter dimostrare la propria innocenza.
È un atto che rompe la campagna scatenata da troppo tempo, in particolare dopo i “fatti di Santa Maria Capua Vetere”, contro il personale penitenziario additato all’opinione pubblico come “violento” e ristabilisce la verità sul sempre più difficile lavoro di chi nelle carceri è chiamato a far rispettare la legalità oltre all’ordinamento penitenziario.
Ai colleghi va dunque tutto il nostro sostegno con il più convinto auspicio che l’innocenza sarà dimostrata in Tribunale”.
“Per fortuna – aggiunge Di Giacomo – ci sono magistrati come quelli della DIA di Potenza che, sia pure a distanza di anni, stanno accertando le responsabilità sulle violente rivolte che – aggiunge – nell’opinione pubblica invece sono generalmente associate ai fatti di Santa Maria Capua Vetere, per i quali non abbiamo mai smesso di esprimere le nostre valutazioni di condanna.
Altro che agenti “picchiatori” dei detenuti: la verità di quei fatti va perciò raccontata agli italiani perché sappiano che nelle carceri non ci sono “angeli” da perdonare e per i quali il clima buonista diffuso da tempo vorrebbe procedere ad una sorta di “liberi tutti”.
Noi non ci stiamo a mettere sullo stesso piano i servitori dello Stato e i criminali che – conclude Di Giacomo – pretendono il controllo del carcere e sono un costante pericolo dell’ordine pubblico e la minaccia per la libera convivenza dei cittadini.
Soprattutto dopo gli impegni solenni del presidente Draghi e del ministro Cartabia, è ora che ci si occupi seriamente dei problemi del sistema penitenziario senza illudersi che sfollando le celle, o magari “addolcendo” le misure per i 41 bis, tutto si risolva di colpo”.