Almeno noi non tolleriamo che il braccialetto elettronico per i detenuti diventi un “premio” per chi uccide una ragazza. Chiediamo al Ministro della Giustizia Orlando di adattare il tiro per concedere l’utilizzo del braccialetto elettronico solo a quei reati di minimo impatto sociale.
E’ quanto afferma il segretario generale del SPP Aldo Di Giacomo commentando la decisione del Tribunale del Riesame di Trieste che, a meno di due mesi di distanza da quando Francesco Mazzega strangolò la fidanzata Nadia Orlando, 21 anni, vagando per ore col suo cadavere in auto, gli ha concesso i domiciliari a casa dei genitori.
Anzi – aggiunge – si è dovuto attendere qualche giorno per la indisponibilità dello strumento altrimenti sarebbe uscito dal carcere molto prima e nonostante le proteste dei cittadini e le 63.305 firme raccolte con una petizione con la richiesta di sospendere la pena dei domiciliari e confermare la detenzione in carcere. L’assassino reo confesso – è il caso di ricordare – in cella è rimasto esattamente 57 giorni.
Dissentiamo profondamente – continua il segretario del SPP – da quanto ha sostenuto il magistrato di Trieste che si trincera dietro l’applicazione burocratica del provvedimento e afferma che “il rischio di ripetere fatti del genere è sufficientemente salvaguardato dagli arresti domiciliari, integrati dal braccialetto elettronico”.
Accade inoltre che a differenza di altri ordinamenti europei la nostra legge non prevede che si debba tenere conto della gravità del reato nell’applicazione delle misure. Siamo di fronte all’ennesimo caso – aggiunge il segretario del SPP – di collasso del sistema carcerario con lo scambio di una misura di detenzione (gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico) con una misura rieducativa per un reato che il crescente numero di femminicidi nel nostro Paese richiede di essere punito con maggiore severità soprattutto per non lanciare il bruttissimo segnale che la vita di una ragazza valga meno di due mesi di carcere.
Dalle prime tappe del tour negli istituti di pena italiani che ho iniziato da lunedì scorso – riferisce Di Giacomo – per incontrare gli agenti, il personale tutto, emerge una situazione di incancrenita emergenza per la quale non bastano misure sporadiche e disorganiche come i braccialetti elettronici che il Ministro della Giustizia Orlando considera, in maniera semplicistica ed estemporanea, la “soluzione” del gravissimo problema del sovraffollamento delle carceri.
Con tutti i soldi dei braccialetti – commenta Di Giacomo – si sarebbe potuto finanziare un piano di interventi di adeguamento strutturale se non in tutti gli istituti penitenziari sicuramente in buona parte di essi, considerato la fatiscenza strutturale ed igienica della maggior parte degli istituti di pena italiani.
Altro che “percorso rieducativo” del detenuto! E poi: perché non fare pagare il costo del braccialetto al detenuto o alla sua famiglia?
Aldo Di Giacomo