3 febbraio 2022 Aldo Di Giacomo: nel carcere comandano loro. Dopo le dimissioni di Petralia non vorremmo ci sia la resa dello stato

Attività, Editoriale Aldo Di Giacomo

“Il blitz antimafia a Taranto con il capo clan che dal carcere comandava la cosca e – fenomeno anche questo molto diffuso tra le donne dei clan – la moglie diventata reggente, insieme alla tentata estorsione ai danni di un commerciante astigiano attraverso telefonata dal carcere sono la “prova” che a comandare sono sempre e solo loro, i criminali che vogliono imporre il proprio controllo di traffici e la propria supremazia sullo Stato”.

Così il segretario generale del S.PP. Aldo Di Giacomo: “In quello che abbiamo definito l’”anno horribilis” del sistema penitenziario italiano che in un solo mese ha messo a nudo tutte le sue emergenze – aggiunge – abbiamo toccato il fondo con le organizzazioni criminali che anche approfittando della situazione di diffusa pandemia – i detenuti positivi sono oltre 3.500 – tentano la “spallata” approfittando delle numerose e consistenti “falle” del sistema.

Le dimissioni del capo del DAP Petralia, nonostante i tentativi di farle passare per pre- pensionamento, appalesano la grande difficoltà a reagire alla sfida criminale che viene dalle carceri. Non vorremmo venisse interpretata da mafiosi, camorristi, ‘ndranghetisti come una “resa”, il più classico gesto di “gettare la spugna”.

E – aggiunge Di Giacomo – non vorremmo che a prendere il posto di Petralia, assecondando un clima “buonista” nei confronti dei detenuti ampiamente diffuso – ultimo caso è la sentenza della Corte contro la censura alle lettere destinate ai detenuti 41 bis – arrivi un nuovo capo DAP “buonista”.

“Il Premier Draghi si è richiamato ai principi dell’Articolo 27 della Costituzione che riguardano lo strumento della detenzione (“Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”) ma – aggiunge Di Giacomo – non ha fatto alcun richiamo ai diritti del personale penitenziario che è stato messo nelle condizioni di non potersi nemmeno difendere dalle aggressioni.

Sono tanti infatti i colleghi che si ritrovano in inchieste giudiziarie che durano anni solo per aver esercitato il diritto-dovere di contenimento di fronte alla violenza e ad atti di rivolta dei detenuti.

Se si vuole che il personale debba subire passivamente le aggressioni lo si dica chiaramente.

È bene che i cittadini si rendano conto che nelle carceri non sono reclusi vittime o angeli, ci sono autori di crimini efferati per i quali da tempo invece si sostengono la clemenza e provvedimenti di indulto.

Noi non ci stiamo a mettere sullo stesso piano i servitori dello Stato e i criminali che pretendono il controllo del carcere e sono un costante pericolo dell’ordine pubblico e la minaccia per la libera convivenza dei cittadini.

Soprattutto dopo gli impegni solenni del presidente Draghi e del ministro Cartabia, è ora che ci si occupi seriamente dei problemi del sistema penitenziario senza illudersi che con il comportamento “buonista” sino a sfollare le celle, tutto si risolva di colpo”.

Il Segretario Generale

Dott. Aldo Di Giacomo

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