31 agosto 2017. Pisa: “La rivolta dei detenuti del carcere di Pisa segna un punto di non ritorno per istituzioni, governo in primo luogo e politica” così dice il Segretario Generale Aldo Di Giacomo

Attività, Comunicati

La protesta durata tre ore nella notte. I sindacati denunciano: “Situazione insostenibile”. Si è ucciso a ventuno anni, dentro una cella in cui era stato messo da solo, dopo un litigio con un altro detenuto magrebino come lui, avvenuto poche ore prima. K. si è messo al collo il lenzuolo trasformandolo in un cappio e legandolo assieme a un asciugamano.

La notizia del suicidio del ragazzo nella notte tra martedì e mercoledì ha provocato una rivolta nel carcere Don Bosco di Pisa. Una quarantina di detenuti hanno cominciato a lanciare oggetti dalle celle: fornellini a gas,  pezzi di arredo, alcuni hanno dato fuoco alle lenzuola e ai cuscini, allagando gli ambienti. La polizia penitenziaria ha faticato non poco a contenere la protesta durata ore e cominciata all’1,45 della notte.

La rivolta. I detenuti si sono asserragliati a uno dei piani dell’istituto occupandolo fino a che a metà mattina sul posto è arrivato il capo del Dap, il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Santi Consolo. Ci sono stati momenti di tensione. I detenuti di questo carcere già denunciato dal garante toscano Franco Corleone come un “istituto vecchio, fatiscente che dovrebbe essere chiuso”, hanno lanciato pietre levate dal pavimento e altri oggetti impendendo il passaggio.

Poi in una delegazione di cinque persone si è incontrata con Consolo e con il provveditore toscano Martone e i detenuti si sono convinti a tornare nelle celle. Il capo del Dap ha chiesto di diminuire le presenze dei detenuti stranieri nel carcere pisano arrivate al 70%. “Ci sono spesso risse fra persone di etnie diverse” racconta un agente. “Si ripetono le aggressioni” aggiunge un altro. Oggi sono stati subito disposti una quindicina di trasferimenti.
A Pisa adesso la situazione sembra tornata tranquilla. Consolo si è complimentato con il personale di polizia penitenziaria che, seppure presente in numero esiguo, è stato in grado di fronteggiare la situazione con alto profilo professionale, coraggio e buon senso, impedendo che degenerasse.

I sindacati. Ma infuriano le proteste dei sindacati di polizia: “La rivolta dei detenuti del carcere di Pisa segna un punto di non ritorno per istituzioni, governo in primo luogo e politica” così dice il segretario generale del Sindacato polizia penitenziaria Spp Aldo Di Giacomo. “Quando per contenere la guerra scatenata dai detenuti, perché di questo si tratta, una vera e propria guerra contro tutto e tutti, è costretta ad intervenire nell’istituto penitenziario polizia in tenuta anti sommossa esautorando il personale di polizia penitenziaria.

E’ difficile persino trovare le parole per commentare. La situazione, per responsabilità della politica, è ormai diventata ingestibile e il personale di polizia penitenziaria – conclude il sindacalista – è abbandonato al suo destino”. Secondo un altro sindacato, “tra le motivazioni della sommossa” ci sarebbe “la chiusura delle celle e la abolizione della cosiddetta vigilanza dinamica che era stata disposta a seguito di una precedente rissa avvenuta nell’Istituto lo scorso 30 giugno”. La vigilanza dinamica è il regime che consente di mantenere aperte le celle per diverse ore al giorno.

Racconta la sorella di un detenuto a Pisa: “A volte non hanno neanche i piatti dove mangiare”. E il garante toscano Corleone aggiunge: “La cucina è fatiscente come molte celle, nella sezione femminile i bagni non sono nemmeno chiusi”. La storia di K. In mezzo a tutto questo, la storia di K. e dei suoi ventuno anni finiti appesi alla corda di un lenzuolo. K. era al Don Bosco da due mesi scarsi, era finito lì per aver violato l’ordine del questore di allontanarsi da Pisa.

Aveva un precedente per lesioni: aveva partecipato a una rissa in centro, in una zona frequentata da spacciatori. Nei due mesi in cui è stato detenuto, K. non ha ricevuto nemmeno una visita. A metà agosto per lui è arrivata soltanto una telefonata dall’estero. Doveva essere molto solo. Non ha lasciato biglietti, non ha lasciato messaggi. Ma restano molti dubbi da chiarire: un litigio da poco, una testata che ha ferito con altro detenuto può aver innescato il suicidio?
Allarme carceri. Altri segnali, nelle stesse ore, sono giunti ad indicare che la situazione di disagio non è limitata al solo vecchio carcere pisano: anche a Torino un detenuto, un 37enne croato, si è suicidato impiccandosi in cella. Una morte che porta a quasi 40 i casi di suicidio in questo scorcio di 2017. Un altro detenuto è morto, sebbene per arresto cardiocircolatorio, nel carcere napoletano di Poggioreale, quasi a ricordare la forte incidenza di patologie negli istituti penitenziari.

E nel carcere fiorentino di Sollicciano alcuni detenuti si sono scagliati contro gli agenti di polizia penitenziaria, armati di un coltello rudimentale e di bastoni.

Il Segretario Generale

Dott. Aldo Di Giacomo

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