“Cosa dobbiamo aspettarci ancora dalla “mattanza” quotidiana di personale penitenziario da parte dei detenuti sempre più violenti, forse il morto?”.
E’ l’inquietante ed allarmante domanda del segretario generale del S.PP. (Sindacato Polizia Penitenziaria) Aldo Di Giacomo dopo che lo stesso detenuto straniero che nel carcere di Vigevano, nella notte tra sabato e domenica aveva appiccato il fuoco in cella ed aggredito quattro agenti finiti in ospedale, oggi ha aggredito altri tre agenti che hanno riportato varie ferite.
“Non siamo purtroppo di fronte ad un caso limite e unico perché – spiega Di Giacomo – gli autori recidivi di aggressioni sanno di poter contare sull’impunità, al punto che solo in rare situazioni sono trasferiti in altri istituti per aggredire altro personale che continua, impotente, a fare da bersaglio fisso.
A questo punto la Ministra di Grazia e Giustizia o interviene subito con misure e provvedimenti di urgenza per garantire la tutela degli “agenti per bene” come li definisce oppure abbia l’onestà morale di farsi da parte ammettendo l’incapacità di gestione degli istituti penitenziari che, prenda atto, sono finite nelle mani di delinquenti.
Ripetiamo: le aggressioni e gli episodi di violenza sono triplicati a causa della delegittimazione del personale penitenziario dopo i fatti di Santa Maria Capua Vetere, dell’impossibilità a svolgere nelle carceri attività di contenimento se non si vuole essere spacciati per “torturatori”, delle promesse del Governo su scarcerazioni facili e detenzione da albergo a cinque stelle.
Siamo di fronte all’evidenza che le azioni messe in campo dall’attuale Governo sono le più nefaste e nocive di tutti i tempi perché il Presidente Draghi è sicuramente un eminente economista di caratura internazionale in grado di traghettare il Paese fuori dalla crisi provocata dalla pandemia e la Ministra Cartabia è un’ottima figura costituzionalista, ma entrambi non sanno e né capiscono assolutamente nulla delle carceri.
E con il loro comportamento, di fatto, hanno aggravato una situazione che la pandemia ha solo reso esplosiva.
Dunque in mancanza di provvedimenti – dice Di Giacomo – non ci resta che consegnare le chiavi di istituti e celle direttamente ai detenuti i quali, non appena verificheranno che le promesse su indulti, pene leggere e programmi di rieducazione non potranno essere mantenute, ritorneranno alla stagione delle rivolte che abbiamo conosciuto e dovuto, da soli, fronteggiare sino al rischio della vita. Un rischio sempre più preoccupante e concreto”.