“I tre suicidi nel giro di un mese nel carcere di Pavia, che fanno salire a 52 i detenuti morti per suicidio in cella dall’inizio dell’anno, rappresentano il fallimento totale dello Stato, incapace di attuare misure e forme di prevenzione”.
È quanto afferma il segretario generale del S.PP. Aldo Di Giacomo ricordando i numeri dello scorso anno: 61 persone si sono tolte la vita all’interno degli istituti penitenziari italiani, con un tasso risultato significativamente superiore agli anni passati, attestandosi a 11 casi di suicidio ogni 10.000 persone, a cui aggiungere una media di 23,86 casi di autolesionismo ogni 100 persone detenute.
Gli episodi di autolesioni di detenuti con difficoltà psichiatriche sono circa dieci ogni giorno, quattro sono le aggressioni che quotidianamente i poliziotti penitenziari subiscono da detenuti con problemi psichiatrici e due in media sono i tentativi di suicidio che la polizia penitenziaria riesce ad evitare.
Di Giacomo evidenzia che come spiegano psichiatri e psicologi le persone protagoniste del suicidio portano con sé problematiche già pregresse, gravi, rispetto a cu l’esperienza detentiva costituisce un elemento determinante nella decisione di tentare l’estremo gesto.
Sappiamo che la ministra Marta Cartabia ha chiesto al Dap un rapporto sui suicidi degli ultimi cinque anni per comprenderne le cause e individuare quali interventi possono essere implementati.
Il primo elemento negativo è la carenza di organico: disponiamo di 1 operatore-educatore ogni circa 92 detenuti, mentre i servizi di assistenza psicologica sono ridotti a casi sporadici.
Altro punto nero è da ricercare nell’inadeguatezza dell’edilizia penitenziaria che non consente l’individuazione di cosiddetti “spazi trattamentali”.
Eppure – dice Di Giacomo – nella storica visita a Santa Maria Capua Vetere – che ha spostato l’interesse mediatico tutto sul comportamento della polizia penitenziaria allontanandolo dai veri problemi delle carceri – la Ministra aveva promesso subito otto nuovi padiglioni, centinaia di nuove assunzioni, attività di formazione per il personale che ha già dato prova di grande sensibilità umana consentendo che il numero di suicidi non fosse di gran lunga superiore, ma non è certo in grado di fronteggiare i fenomeni suicidio ed autolesionismo.
Di fronte a questo orrore quotidiano non ci sono più alibi: la politica è pronta a scattare in occasione dei fatti del carcere campano o di quello toscano che coinvolge il personale penitenziario ma incapace semplicemente di interrogarsi sui motivi dei suicidi.
Noi continuiamo a denunciare le responsabilità e a richiedere l’apertura di un tavolo di confronto oltre che con il Ministro Cartabia coinvolgendo il Ministro della Salute Roberto Speranza.