La realtà è che dalle carceri del nord e del sud del paese boss ed esponenti di spicco della criminalità organizzata continuano a comandare.
“Le prime notizie che filtrano dall’inchiesta sullo strapotere delle ‘ndrine nel carcere di Bologna con il coinvolgimento diretto di boss ed affiliati in cella non ci sorprendono perché confermano quanto ripetiamo da tempo: nelle carceri del Nord e del Sud del Paese boss ed esponenti di spicco della criminalità organizzata continuano a comandare”.
Ad affermarlo è il segretario generale del Sindacato Polizia Penitenziaria – S.PP. – Aldo Di Giacomo sottolineando che “gli sms e le vere proprie telefonate intercettate ad ogni ora dal carcere della Dozza-Bologna, provenienti per di più dai reparti di alta sicurezza, sono solo l’ultimo dei casi di ordini agli uomini dei territori controllati e di minacce estorsive, che si susseguono da tempo e interessano numerosi istituti penitenziari specie quelli con detenuti a regime 41 bis.
Lo Stato sta dimostrando tutta la sua incapacità vanificando il grande lavoro dei magistrati antimafia e degli inquirenti come il procuratore anti ‘ndrangheta Nicola Gratteri, che nei giorni scorsi ha denunciato che – “questo Governo non sta facendo nulla nella lotta alle mafie”, mentre c’è chi vorrebbe in carcere tutti i 19 milioni di italiani che hanno problemi con il fisco.
Non si sottovaluti – afferma il segretario del Sindacato Polizia Penitenziaria – che le mafie approfittando di questa fase di crisi internazionale stanno concentrando i propri interessi sulle attività economiche e produttive per acquisire alberghi, ristoranti, imprese, intensificare l’usura.
L’effetto devastante di tutto questo è lo scoraggiamento per le vittime delle mafie a denunciare e collaborare con i magistrati.
Per noi diventa naturale chiedersi se siamo solo di fronte ad una diffusa incapacità di far fronte alla criminalità che opera dal carcere o se c’è dell’altro.
Questa situazione conferma – dice ancora Di Giacomo – che, come sosteniamo da anni, la lotta alle mafie si conduce a partire dal carcere dove sono detenuti capi clan e boss insieme ad esponenti di spicco delle famiglie.
E il continuo ritrovamento di telefonini in gran parte arrivati dal “cielo” (attraverso i droni) è il primo elemento per interrompere, una volta per tutte, il “comando” dal carcere ai territori oltre alle minacce ed estorsioni”.