“Dietro l’angolo, nel processo di cambiamento della politica penitenziaria del Governo che verrà, c’è un rischio da scongiurare: se il cambiamento non sarà sostenuto da scelte mirate, accompagnate dalla condivisione dei sindacati del personale penitenziario, nello specifico quelli che conoscono le problematiche incancrenite e lasciate in eredità dal Governo ancora in carica, gli effetti potrebbero trasformarsi in un boomerang contro chi pure ha propositi di rimettere ordine delle carceri”.
A sostenerlo è Aldo Di Giacomo segretario generale del Sindacato Polizia Penitenziaria per il quale “occorre grande equilibrio per rispondere alla ventata di buonismo che si è diffusa negli ultimi anni con il risultato, sotto gli occhi di tutti, del carcere diventato luogo di impunità – dove è consentito ai criminali più violenti fare di tutto e di più e soprattutto svolgere la “caccia all’agente” – procedendo con misure e provvedimenti di riequilibrio del sistema penitenziario. Il pericolo che ravvisiamo, mettendo in guardia la coalizione politica che ha vinto le elezioni e si appresta a governare – aggiunge Di Giacomo – è che in caso di cambiamenti troppo veloci ad approfittarne siano i clan e le organizzazioni criminali e i loro fiancheggiatori di diverso orientamento, come è già avvenuto con le proteste degli anarchici a sostegno delle proteste di detenuti a Genova.
Per questa ragione pensiamo che il confronto debba intensificarsi per ragionare insieme su quale percorso individuare perché il nuovo Governo affronti l’emergenza carceraria con misure adeguate.
Come dovrebbe essere più che risaputo – dice il segretario del S.PP. – la situazione nelle carceri è diventata insostenibile e non più tollerabile.
Lo provano: da una parte i 65 suicidi di detenuti dall’inizio dell’anno (di cui 14 durante questa stagione estiva), dall’altra le aggressioni quotidiane agli agenti e al personale medico, i continui tentativi di rivolta, i numerosi episodi di sfida da parte dei capo clan di organizzazioni criminali allo Stato che, purtroppo, continuano a comandare dalle celle.
Uno Stato che oltre a non garantire la legalità nelle carceri non riesce a garantire la sicurezza dei detenuti e dei suoi dipendenti (il personale penitenziario) testimonia di aver rinunciato ai suoi doveri civici sino a far passare inosservata la “strage” di questa estate con detenuti di età sempre più giovane.
Da servitori dello Stato l’impegno del personale penitenziario in questa fase di cambiamento è ancor più rivolto a far rispettare la legalità e al contrasto a mafia e criminalità che, a nostro parere, deve svolgersi a partire dalle carceri.
E al nuovo Governo chiediamo di essere messi nelle condizioni di poterlo fare perché non basta annullare le cosiddette riforme introdotte dalla Ministra Cartabia e le tante circolari contradditorie ed inefficaci del DAP”.