“Se c’era bisogno ancora di una prova, quanto accaduto ad Ariano Irpino con la selvaggia reazione ed aggressione a due agenti ad opera di una ventina di detenuti, è l’ennesima dimostrazione che nelle carceri comandano sempre loro al punto da decidere loro chi deve e chi non deve stare in cella”.
Ad affermarlo è il segretario generale del Sindacato Polizia Penitenziaria – S.PP. – Aldo Di Giacomo esprimendo prima di tutto vicinanza ai colleghi che hanno subito gravissime ferite e alle rispettive famiglie.
“Siamo al punto che – aggiunge – prima di assegnare un detenuto specie se africano, extracomunitario ad una cella si deve ottenere l’autorizzazione, come se non bastasse che dalle carceri del Nord e del Sud del Paese boss ed esponenti di spicco della criminalità organizzata continuano ad impartire ordini dentro e fuori.
L’aggravante – dice Di Giacomo – è il senso diffuso di impunibilità che rafforza la sfida allo Stato.
È naturale chiedersi se siamo solo di fronte ad una diffusa incapacità di far fronte alla criminalità che opera dal carcere o se c’è dell’altro.
Questa situazione conferma – dice ancora Di Giacomo – che, come sosteniamo da anni, la lotta alle mafie e alla criminalità organizzata si conduce a partire dal carcere dove sono detenuti capi clan e boss insieme ad esponenti di spicco delle famiglie.
E il continuo ritrovamento di telefonini in gran parte arrivati dal “cielo” (attraverso i droni) è il primo elemento per interrompere, una volta per tutte, il “comando” dal carcere ai territori oltre alle minacce ed estorsioni.
“L’effetto devastante di tutto questo è lo scoraggiamento per le vittime delle mafie a denunciare e collaborare con i magistrati perché se picchiano gli agenti in carcere possono continuare a fare paura e la lotta alla criminalità rischia una brutta battuta d’arresto”.