Le tutele per agenti di polizia e militari
Viene introdotta una circostanza aggravante del delitto di violenza o minaccia e di resistenza a pubblico ufficiale se il fatto è commesso nei confronti di un ufficiale o un agente di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza con l’aumento di pena fino alla metà…
Debutta, inoltre, la nuova fattispecie di reato di lesioni personali a un ufficiale o agente di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza nell’atto o a causa dell’adempimento delle funzioni.
Bodycam sulle divise e armi private senza licenza
Le forze di polizia potranno indossare bodycam sulle divise, ossia dispositivi di videosorveglianza idonei a registrare l’attività operativa nei servizi di mantenimento dell’ordine pubblico, di controllo del territorio, di vigilanza di siti sensibili, nonché in ambito ferroviario e a bordo treno.
La stessa facoltà è prevista nei luoghi e negli ambienti in cui vengono trattenute persone sottoposte a restrizione della libertà personale.
Gli agenti sono anche autorizzati a portare armi private senza
licenza quando non sono in servizio.
La tutela legale
Per gli appartenenti alle forze di polizia, al corpo nazionale dei Vigili del fuoco e alle Forze armate indagati o imputati per fatti connessi alle attività di servizio lo Stato potrà corrispondere fino a 10mila euro per le spese legali in ciascuna fase del procedimento.
È prevista la rivalsa se venisse accertata la responsabilità del dipendente a titolo di dolo.
Rivalsa esclusa, invece, in caso di sentenza di non luogo a procedere, per intervenuta prescrizione, per archiviazione e negli altri casi di proscioglimento (salvo che per i fatti contestati in sede penale sia stata accertata la responsabilità del dipendente per grave negligenza in sede disciplinare).
Si potenzia, inoltre, la difesa dei beni mobili e immobili adibiti all’esercizio di funzioni pubbliche: in caso di deturpamento e imbrattamento, si rischia il carcere da sei mesi a un anno e mezzo e la multa da mille a 3mila euro, con aumento della pena detentiva nel massimo (tre anni) e della multa (fino a 12mila euro), in caso di recidiva.
Il giro di vite nelle carceri
Il provvedimento aumenta la pena per chi istiga alla disobbedienza delle leggi se il fatto è commesso all’interno di un istituto penitenziario o attraverso scritti o comunicazioni dirette a persone detenute.
Nasce il reato di «rivolta all’interno di un istituto penitenziario», che punisce le condotte di promozione, organizzazione o direzione e partecipazione a una rivolta consumata all’interno di un istituto penitenziario da tre o più persone riunite, mediante atti di violenza o minaccia, tentativi di evasione o atti di resistenza anche passiva che impediscono il compimento degli atti d’ufficio o del servizio necessari alla gestione dell’ordine e della sicurezza.
Detenute madre
L’articolo 15 interviene in materia di esecuzione della pena per donne incinte e con figli, con l’abrogazione della disposizione che prevede il rinvio obbligatorio e l’introduzione del rinvio facoltativo della pena e la previsione dell’impossibilità del rinvio facoltativo se da ciò derivi una situazione di pericolo, di eccezionale rilevanza, di commissione di ulteriori delitti.
Per le donne incinte o le mamme con bambini sotto l’anno di età scatta l’obbligo per il giudice di eseguire la misura della custodia cautelare negli istituti a custodia attenuata.
Entro il 31 ottobre di ogni anno il Governo dovrà presentare alle Camere una relazione.
Carceri e lavoro
Il decreto interviene a favorire il lavoro dei detenuti, anche all’esterno, avvalendosi di organizzazioni non lucrative (enti del terzo settore) in attuazione di principi di solidarietà sociale e di sussidiarietà orizzontale, con l’estensione della definizione di «persone svantaggiate» anche ai detenuti o internati negli istituti penitenziari e agli ex degenti di ospedali psichiatrici anche giudiziari.
Estratto da “il sole24ore”