“Dopo i suicidi dei due giovani detenuti nel carcere milanese di San Vittore, nel giro di due settimane, i Ministeri (Grazia e Giustizia e Salute), il Parlamento e la politica hanno una sola strada da seguire per evitare che i suicidi di detenuti con problemi psichici si ripetano: ritornare alle strutture psichiatriche di detenzione, abolite nel 2014, sia pure ripensate nei servizi da garantire e con un numero di personale specialistico adeguato”.
Ad affermarlo il segretario generale del Sindacato Polizia Penitenziaria – S.PP. – Aldo Di Giacomo che aggiunge: “la nostra forte sollecitazione – che ci deriva dall’impossibilità come personale penitenziario di assistenza a queste tipologie di reclusi – trova ampi sostegni nella comunità medico-scientifica, primi fra tutti psichiatri e psicologi.
Si pensi, restando ai casi di San Vittore, che il giovanissimo detenuto suicida, di soli 21 anni, in carcere non doveva esserci. Già 15 giorni prima aveva tentato il suicidio e da otto mesi era stato destinato a una Rems (Residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza), strutture che sono subentrate agli ospedali psichiatrici giudiziari.
Il problema è che le Rems sono poco più di una trentina e i posti disponibili sono meno di quelli di cui ci sarebbe bisogno.
Secondo dati del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, sarebbero 750 i detenuti in lista d’attesa per fare ingresso in una Rems ma molti di più quanti hanno problemi psichici.
Il tempo medio di attesa è di 304 giorni, con regioni come Sicilia, Puglia, Calabria, Campania e Lazio in cui l’attesa arriva fino a 458 giorni.
Le regioni con più detenuti in attesa sono la Sicilia con circa 140 detenuti, la Calabria con 120 e la Campania con 100. La percentuale più alta dei detenuti con disturbi psichiatrici soffre di nevrosi; il 30% di malattie psichiatriche collegate all’abuso di droghe e di alcool; il 15% di psicosi. Inoltre, gli episodi di autolesionismo di detenuti con difficoltà psichiatriche sono circa dieci ogni giorno, quattro sono le aggressioni che quotidianamente i poliziotti penitenziari subiscono da detenuti con problemi psichiatrici e due in media sono i tentativi di suicidio che la polizia penitenziaria riesce ad evitare.
I problemi – dice Di Giacomo – si sono dunque aggravati per responsabilità di politica e Parlamento che periodicamente annunciano impegni di riforma per poi disattenderli e rinviarli ad altri.
Il risultato è che il personale penitenziario è lasciato solo a fronteggiare questa situazione e troppo spesso diventa oggetto su cui scaricare tensioni e malessere attraverso aggressioni.
È tempo che Ministero Grazia e Giustizia e Ministero alla Salute se ne occupino seriamente non delegando alla CEDU di occuparsene con periodiche sentenze di condanna dello Stato Italiano ma ritornando a strutture psichiatriche in grado di garantire almeno un minimo di assistenza a chi ne ha necessità”.