“La sentenza della Corte di Strasburgo che, di fatto, impone, senza appello, all’Italia di cancellare la legge sull’ergastolo ostativo apre le celle ai 957 detenuti sottoposti al 41 bis che l’aspettavano per avviare la nuova controffensiva, questa volta a colpi di ricorsi nelle aule del Tribunale, ed imporre quella resa dello Stato, già richiesta nel ben noto “papello” di Totò Ruina”.
E’ il commento del segretario generale del Sindacato Polizia Penitenziaria, Aldo Di Giacomo, per il quale “è sin troppo evidente la responsabilità di chi nel Ministero Grazia e Giustizia e nel Governo non è stato capace di contrastare la tesi della Corte di Strasburgo improntata sul buonismo ad ogni costo, limitandosi a richiedere un nuovo giudizio, senza tra l’altro argomentarlo in maniera precisa, circostanziata e soprattutto basandolo sulla pericolosità dei condannati per reati di mafia, criminalità e terrorismo”.
“Si è dunque concretizzato l’allarme che avevamo lanciato alla vigilia della riunione della Corte con il risultato diretto di delegittimare il personale penitenziario degradato a “carcerieri dai trattamenti disumani”.
Come S.PP. – afferma Di Giacomo – non accetteremo mai la degradante immagine che ci viene attribuita e chiederemo, in ogni sede, di essere tutelati. Come se non bastassero tutti i benefici – dalla semilibertà ai permessi-premio – l’eccesso di fiducia, perché di questo si tratta, si traduce nei numerosissimi episodi di cui la cronaca è piena con detenuti che aggrediscono il personale penitenziario, evadono, detenuti non sottoposti al 41 bis in permesso-premio che uccidono o rapinano. Figuriamoci cosa accadrà adesso per gli ergastolani “da redimere”.
Non sfugga inoltre il duro colpo inferto ai collaboratori di giustizia considerati “preziosi” per le indagini di mafia. Adesso per godere di permessi premio e libertà condizionale non sarà più necessario collaborare con i magistrati”. Per il S.PP. “bisogna mettere fine a questo sistema carcerario tipicamente italiano che rappresenta un pericolo per i cittadini e più direttamente per il personale penitenziario, di fatto delegittimato dalle sue funzioni e dai suoi compiti.
La nostra – continua Di Giacomo – è una denuncia che ha troppe prove provate: i mafiosi e gli uomini della criminalità organizzata intendono imporre il proprio controllo in carcere e non aspettavano altro che questo segnale di resa da parte dello Stato che pone il personale degli istituti di pena in una condizione di totale isolamento in quanto gli unici difensori di legalità e giustizia”.