“La violenta aggressione di un giovane detenuto all’Istituto minorile Malaspina di Palermo contro due agenti penitenziari, quasi in contemporanea il rinvenimento di telefonini e droga all’Istituto per minori di Airola in Campania sono purtroppo solo gli ultimi due casi della situazione gravissima in cui versano gli istituti per minori balzati alla cronaca per la recente fuga dal Beccaria-Milano ma per i quali non ci sono ancora misure ed interventi rapidi ed efficaci”.
Ad affermarlo è il segretario generale del S.PP. – Sindacato Polizia Penitenziaria – Aldo Di Giacomo che aggiunge: “avevamo da tempo messo in guardia su cosa accade negli istituti nei quali non ci sono soltanto minorenni ma anche troppi giovani maggiorenni che assumono comportamenti violenti da capi.
Le rivolte avvenute nell’ultimo scorcio dello scorso anno, gli incendi appiccati alle celle, le continue aggressioni al personale sono state tutte avvisaglie di un’emergenza esplosiva in tutti gli istituti destinata, se non si interviene con fermezza, ancora a produrre eventi gravi anche effetto di emulazione di quanto fanno i detenuti “adulti”.
Purtroppo le uniche proposte sinora ascoltate sono venuta dai Ministri Nordio che ha parlato di istituire Tavoli interministeriali e Salvini che pensa di accelerare i programmi di nuova edilizia carceraria.
Siamo di fronte, rispettivamente, ad un palliativo e a un programma di lungo termine che lasciano inalterata la situazione che il personale penitenziario è costretto a fronteggiare senza mezzi adeguati.
Eppure sembrava che dopo la clamorosa fuga dal carcere Beccaria di Milano tutti avessero scoperto un’ovvietà: l’attuale sistema carcerario per minori non solo non serve a nulla, anzi si rivela una sorta di scuola per delinquere con il 90% di chi entra si avvia verso una “carriera criminale” passando come stadio successivo immediato al carcere normale. Il 70% dei ragazzi entra per custodia cautelare, con una permanenza media di poco superiore ai 100 giorni. Per noi – dice il segretario S.PP. – le misure da mettere in campo sono decisamente più complesse.
Sarebbe troppo facile estendere la platea di minori perseguibili. Il primo problema è infrastrutturale oltre che di personale.
Tra le priorità è necessario pensare agli istituti per minori per potenziarne il ruolo effettivo di rieducazione oltre all’adeguamento delle strutture carcerarie esistenti, fatiscenti e vetuste.
Dopo il fallimento della cosiddetta “riforma Cartabia” e quello che accade nelle carceri – dice Di Giacomo –Ministro e nuovo Parlamento devono caricarsi anche l’impegno di cambiare gli istituti per minori. L’obiettivo centrale da raggiungere – continua – è quello di far diventare visibili i circa 400 detenuti di età sino a 24 anni di età negli istituti che un magistrato esperto che guida la procura minorile di Milano da anni, il dottor Ciro Cascone, con linguaggio molto efficace, definisce “invisibili”.