“La decisione del Tribunale del Riesame di Napoli squarcia il velo della campagna costruita intorno ai fatti di Santa Maria Capua Vetere del 2020 ricostruendo la morte di un detenuto extracomunitario avvenuta non certo per colpa degli agenti penitenziari, secondo l’accusa originaria, ma per suicidio.
Solo che a differenza dei titoloni e delle pagine intere dei giornali e dei ripetuti servizi televisivi con le stesse immagini trasmesse in continuazione, questa volta la notizia trova spazio limitato in organi locali di informazione.
È una vergogna”.
È quanto afferma il segretario generale del S.PP. – Sindacato Polizia Penitenziaria – Aldo Di Giacomo ribadendo la posizione del Sindacato: “per i fatti di Santa Maria C.V. chi ha sbagliato paghi ma mettiamo fine, una volta per tutte, alla “campagna agenti tutti violenti- picchiatori”.
“In questi anni il personale penitenziario – aggiunge – è stato (e purtroppo ancora lo è) bersaglio dei sostenitori delle “celle aperte” e della rieducazione sociale, sempre e comunque, dei detenuti. I risultati della continua delegittimazione dei servitori dello Stato sono sotto gli occhi di tutti: nel giro di pochi anni (dal 2014 al 2020) le aggressioni agli agenti sono passate da 387 a 527, i casi di violenza in numero esponenziale da 319 a 3567, le colluttazioni da 1443 a 5174.
Persino i coltelli sono cresciuti come funghi da 55 a 196 e le sim card per i telefonini da 118 a 1089.
Per non parlare delle infrazioni disciplinari da 1100 a 10.100 e dei tentativi di suicidio da 43 a 1480.
La correlazione tra sorveglianza dinamica, vale a dire la possibilità di tenere le celle aperte sino a 8 ore al giorno senza distinzione tra detenuti pericolosi perché con condanne pesanti per reati gravi e detenuti con condanne lievi, ed aumento degli eventi critici in carcere è finalmente riconosciuta da chiunque non nutra prevenzione e preconcetti nei confronti del personale penitenziario.
Ci fa piacere constatare che stia crescendo il numero di sostenitori alla tesi che esprimiamo, purtroppo inascoltati, da anni, sulle conseguenze della scelta di aprire le celle a tutti senza distinzione di pericolosità dei detenuti.
Per quanto ci riguarda – continua Di Giacomo – è però solo una magra consolazione quella di avere riconoscimenti, anche autorevoli, del fatto che abbiamo ragione e abbiamo previsto quanto è puntualmente accaduto.
È necessario pertanto che a questo si aggiunga l’individuazione di responsabilità che sono innanzitutto politiche ed istituzionali e si corra il più rapidamente possibile ai ripari per garantire l’incolumità del personale penitenziario ed evitare che il controllo delle carceri sia nelle mani di clan ed organizzazioni criminali che dalle celle continuano a dare ordini e a controllare i traffici illeciti e di morte”.
Per Di Giacomo non si sottovaluti che “il clima che si respira nelle carceri è persino peggiore di quello della primavera 2020 che ha segnato la stagione delle violente rivolte a catena.
Clan, gruppi malavitosi, organizzazioni mafiose, camorriste e ‘ndranghetiste stanno approfittando de “clima buonista” per muovere nuovamente la sfida allo Stato.
Le azioni annunciate dalla Ministra Cartabia che da tempo ascolta solo i Garanti dei detenuti – continua il segretario del Sindacato Penitenziari – vanno in tutt’altra direzione, quella dell’apertura di celle e portoni ai detenuti.
La riduzione della popolazione carceraria in sostanza è considerata l’unica strada da seguire”.