In occasione di Ferragosto, si ripeterà il rito della politica: quello a cui ci hanno abituato da anni della visita nelle carceri italiane per tacitare la coscienza all’insegna del buonismo sulle disumane condizioni di detenzione e di lavoro della polizia penitenziaria e magari rinnovare l’ennesimo impegno, tutto formale, a risolvere i problemi sempre più acuti del sistema carcerario anche presso gli istituti di pena lucani.
Ma – avverte Aldo Di Giacomo, Segretario Generale del Spp (Sindacato di Polizia Penitenziaria) – almeno noi ci sottraiamo all’ennesima manifestazione di spettacolo e cogliamo questa occasione per riaccendere i riflettori dei media e l’attenzione della società civile perché non ci si ricordi del carcere a Ferragosto, a Natale e forse anche a Pasqua. Il Ferragosto 2017 – sottolinea Di Giacomo – sarà ricordato per l’estate della fuga dagli istituti penitenziari, l’alto numero di suicidi e casi di autolesionismo, mentre sempre per tacitare la coscienza, il Ministro Madia, solo qualche giorno fa, ha firmato il decreto per l’assunzione straordinaria di appena 300 unità di polizia penitenziaria.
Non sappiamo ancora quante in Basilicata ma il numero di nuove assunzioni è ampiamente inadeguato al punto che non riusciranno nemmeno a colmare i pensionamenti che riguardano nel giro di pochi mesi almeno 1200 unità. Basti pesare che 15 marzo scorso, la dotazione complessiva del corpo di Polizia Penitenziaria è di 36.506 unità che lavorano nei 191 carceri del Paese -dove sono detenuti oltre 56.800 persone con un indice medio di sovraffollamento del 113% – con un “buco” di organico di almeno 10 mila unità.
La realtà del nostro sistema penitenziario dunque è molto diversa dalla foto di rito che ci aspettiamo da qualche politico all’uscita del suo rapido giro ferragostiano: con le temperature torride di questi giorni, che in tante città hanno sfiorato i 40 gradi, nelle carceri il lavoro degli agenti di polizia penitenziaria e la vita dei detenuti sono dappertutto insopportabili. Il caldo diventa l’effetto scatenante di tensioni che in strutture fortemente inadeguate sono amplificate e difficili da contenere. Tutto ciò mentre in alcuni istituti – continua Di Giacomo – si segnala la mancanza di acqua o il ricorso al razionamento con l’erogazione dell’acqua in cella per poche ore.
E in sette casi su dieci la doccia in cella non c’è. L’unica opportunità che viene data ai detenuti è quella di scendere all’aria, ai passeggi, solo che ciò accade in ore quando il sole cocente brucia e non c’è neanche un posto dove potersi riparare, diventando la zona d’aria una vasca di cemento con l’aria afosa, pesante, soffocante.
Proprio per questo l’estate è il periodo più critico per i suicidi in carcere, le statistiche degli ultimi decenni l’hanno dimostrato. Una situazione diventata intollerabile per detenuti e per chi con loro – i poliziotti – condividono le stesse condizioni di vita. La causa principale è la disattenzione della politica mischiata ad un atteggiamento buonista sintetizzabile dietro la presunzione di rieducare tutti i detenuti e malviventi nonostante gli efferati crimini commessi e ripetuti.
E’ dunque questo il sistema che non funziona.