«C’è ancora chi si meraviglia che nel carcere è possibile fare entrare hashish e telefonini, come è accaduto ad Avellino o che un detenuto aggredisca quattro poliziotti come è accaduto a Terni. È il sistema penitenziario nel suo complesso che non regge più per precise ed evidenti responsabilità politiche che, fino a quando avrò forza, non finirò mai di denunciare». Sono parole forti quelle del segretario generale del SPP (sindacato di Polizia Penitenziaria) Aldo Di Giacomo durante l’incontro di questa mattina a pochi passi dal carcere di Lecce. Una protesta forte quella del segretario che per sensibilizzare le persone su un tema importante come quello della sicurezza ha deciso di intraprendere lo sciopero della fame che ormai dura da 31 giorni.
A spingerlo verso quest’azione dimostrativa forte sono state alcune modifiche al sistema carcerario che lo “stanno rendendo il peggiore della storia italiana”. “Si stanno facendo passare sotto traccia delle modifiche che di fatto azzerano il carcere duro e che portano negli istituti una totale confusione”, denuncia. Una situazione che ha conseguenze anche fuori dalle celle e si spinge fino in città vista la sensazione di insicurezza che anima i cittadini che si sentono abbandonati a se stessi e ai quali si nega anche “il diritto alla legittima difesa”. La modifica dell’articolo 59 del codice penale sulla legittima continua a far discutere. C’è chi lo considera un passo in avanti che dà ai cittadini la possibilità di difendersi tra le mura della propria abitazione. Altri pensano che non sia giusto difendersi con le armi, arrivando ad uccidere, nemmeno se qualcuno entra in casa tua di notte. Per altri un piccolo passo, non ancora sufficiente. Per altri ancora non è abbastanza. «Non c’è più distinzione tra vittima e carnefice» sostiene di Giacomo come dimostrerebbero anche le cronache di questi ultimi mesi. Non ha intenzione di smettere il segretario generale del SPP, che ha raccolto numerosissimi messaggi di solidarietà e sostegno da parte di associazioni, movimenti popolari, cittadini ed esponenti politici. Ha annunciato che continuerà lo sciopero della fame “fino a quando non ci saranno dal Parlamento almeno alcuni segnali per stoppare la strategia strisciante di smantellamento del Corpo di Polizia Penitenziaria e con esso del sistema penitenziario”. L’impegno è chiaro: fare quanto è possibile per “garantire standard minimi di sicurezza in carcere e fuori”.