Trattati peggio dei detenuti. Nessuna tutela per i poliziotti penitenziari, il governo lontano dalle esigenze di sicurezza del sistema penitenziario.
Il personale di Polizia Penitenziaria è diventato ostaggio della “guerra di posizione” tra i firmatari del contratto di programma del Governo M5S-Lega che, non a caso, non dice assolutamente nulla sul carcere.
Lo afferma il segretario generale del Sindacato Polizia Penitenziaria Aldo Di Giacomo riferendo della bocciatura di un emendamento presentato dal DAP (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria) al decreto sicurezza bis, che raccogliendo le forti e ripetute sollecitazioni del Sindacato Polizia Penitenziaria “S.PP.”, prevede tra l’altro, la perdita di benefici per i detenuti autori di aggressioni al personale penitenziario e l’inserimento nel codice penale di una apposita fattispecie di reato che preveda l’applicazione di sanzione penale nel caso un detenuto venga scoperto ad utilizzare o a detenere un telefono cellulare in cella, con previsione di pene da infliggere anche ai familiari del detenuto eventualmente rei della introduzione fraudolenta del telefono in carcere.
Un emendamento che è il risultato del nostro impegno assunto con mesi di sit-in, tour nelle carceri, manifestazioni per smuovere ritardi e inadempienze, campagne di informazione e che quindi aveva alimentato attese ed aspettative andate deluse.
È il caso di ricordare che gli “eventi critici” vale a dire aggressioni al personale di Polizia Penitenziaria, intimidazioni, atti di violenza tra detenuti hanno avuto un incremento del 700% e ogni giorno 12 poliziotti in media sono costretti a ricorrere alle cure di sanitari.
Purtroppo il nuovo sistema carcerario che con il cosiddetto sistema della vigilanza dinamica “celle aperte” offre la possibilità ai detenuti di muoversi indisturbati all’interno delle sezioni detentive, si è rilevato un meccanismo di aggravamento dell’emergenza sicurezza dentro e fuori del carcere che si registra da anni nel Paese.
Siamo stanchi di contare il numero di aggressioni di uomini e donne della polizia penitenziaria all’interno degli istituti di pena.
Quanto ai telefonini, secondo i dati più aggiornati al 2018, è di 937 il numero totale di cellulari e sim ritrovati nei 190 istituti italiani. Quasi due per ogni carcere. Con un aumento del 58,22 per cento rispetto al 2017 (quando i cellulari e/o sim rinvenuti furono 426). Numeri che purtroppo non indicano fedelmente la situazione.
Questo significa – aggiunge – che per i capi delle organizzazioni criminali è una consuetudine diffusa impartire ordini con i telefonini dall’interno delle strutture penitenziarie.
Siamo di fronte all’ennesima situazione di totale insicurezza degli istituti penitenziari italiani che continuiamo a denunciare da tempo e che è il risultato dell’assenza di iniziative efficaci.
Piuttosto che disquisire se allungare il tempo di colloqui telefonici consentiti ai detenuti è necessario concentrare ogni sforzo su come accrescere la sorveglianza soprattutto dei boss sottoposti al 41 bis e scongiurare il continuo invio di “pizzini” dalle celle, con e senza telefonini, per gli affiliati in libertà. Ma la situazione di emergenza del sistema penitenziario italiano evidenzia un’attenzione esclusiva per le condizioni dei detenuti e non certo per chi lavora in carcere.
Si pensi che nel decreto sicurezza bis c’è persino spazio per interventi in ambito sportivo; il decreto prevede un deciso allargamento del Daspo: il divieto di accesso alle manifestazioni sportive si estende a chi è denunciato o condannato per rissa.
Tutto ciò senza alcun provvedimento di tutela del personale penitenziario costretto a fronteggiare a mani nude le continue aggressioni, rivolte, tentativi di fuga, liti tra clan e gruppi etnici stranieri contrapposti, tanto più – continua – che sono sempre maggiori i rinvenimenti in carcere di oggetti rudimentali atti ad offendere di cui i detenuti si dotano o realizzano impiegando materiale a loro disposizione, al fine di avere delle vere e armi improprie per compiere atti criminali quali aggressioni, minacce e molto altro ancora il tutto per affermare il potere di controllo. Senza considerare il ritardo nel pagamento degli straordinari e il mancato pagamento del FESI ad oggi due mesi di ritardo rispetto alle altre forze armate.
I carcerati sono trattati meglio.
Non siamo più disponibili a rivestire il ruolo di ostaggi e pertanto chiediamo ai partiti di Governo di farsi la guerra altrove e alla politica di abbandonare l’atteggiamento dello “struzzo” adottando immediati interventi che di fatto e non a parole, possano rendere più sicure le carceri italiane e più sicuro il lavoro dei poliziotti penitenziari.
D’ora in poi se non seguiranno i fatti sarà “guerriglia”