“Il ritrovamento nel carcere di Augusta di 14 cellulari, di cui 13 di piccolissime dimensioni e uno smartphone e una scheda Sim, grazie al prezioso ed oscuro lavoro della polizia penitenziaria, in concomitanza con le dichiarazioni inedite e sconvolgenti del collaboratore di giustizia Pietro Riggio sull’attentato di Capaci del 1992, in cui furono uccisi il magistrato Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti della polizia di Stato della scorta, è la prova che la mafia non è ancora sconfitta e che dal carcere continua ad impartire ordini sui territori”.
Ad affermarlo è il segretario generale del Sindacato Polizia Penitenziaria Aldo Di Giacomo sottolineando che “sia pure solo casuale il nesso tra Augusta e le dichiarazioni sulla strage di Capaci conferma che nel giro di un anno il ritrovamento di telefonini e sim nelle carceri siciliane si sia triplicato (500 i telefonini ritrovati dall’inizio dell’anno).
Siamo di fronte ad una realtà che evidentemente sfugge solo a chi continua a fare lo struzzo: gli istituti di pena, anche i 13 dove sono reclusi i 740 detenuti per reati di criminalità organizzata e terrorismo in regime di carcere duro (41 bis), non sono sufficientemente monitorati per impedire la fuoriuscita di “pizzini” agli affiliati dei clan e la “formazione” o l’arruolamento di criminali.
Altro elemento che denota l’improvvisazione dell’Amministrazione Penitenziaria riguarda il programma per dotare almeno un primo numero di carceri di strumentazioni tecniche idonee a rilevare la presenza nelle celle di telefonini. Ebbene, dopo l’annuncio si sono perse le tracce”.
«La politica, il Parlamento e il nuovo Governo Conte – aggiunge – prima che si riorganizzino i clan aprano gli occhi e si rendano conto che la situazione di illegalità e non sicurezza nel carcere, dovuta principalmente a responsabilità politiche, si ripercuote direttamente e pesantemente sui cittadini fuori dal carcere, perché la situazione sempre più difficile dei nostri istituti di pena è la cartina al tornasole dell’insicurezza fuori e nelle città».
Per Di Giacomo “dovrebbe essere più facile da parte dell’Amministrazione Penitenziaria dichiarare la “resa” nei confronti dei mafiosi in carcere. Tanto vale seguire l’esempio di altri Stati Eurpei e dotare gli istituti di pena di telefoni a disposizione dei detenuti (provocazione)”.