“Prima di archiviare i “casi” dell’ex detenuto che a Parma è stato chiamato a tenere lezione in un corso di formazione per agenti penitenziari e del noto psichiatra che non è stato ammesso nel carcere Vallette di Torino, come qualche dirigente di sigla sindacale avrebbe voluto, per fornire assistenza psicologica al personale, è il caso di interrogarsi su quanto “pesa” oggi la categoria soprattutto per responsabilità dei sindacati che la rappresentano”.
A sostenerlo è il segretario generale del Sindacato Polizia Penitenziaria Aldo Di Giacomo per il quale “i due casi, solo apparentemente diversi tra loro, sono due facce della stessa medaglia: la delegittimazione del personale penitenziario. Una delegittimazione che ha responsabilità “esterne” nella politica, nelle istituzioni, in associazioni che continuano a confondere le vittime con i carnefici e che alimentano la campagna per l’abolizione del 41 bis ma anche “interne”.
I sindacati dei penitenziari, badando solo alle tessere, in una corsa di competizione tra sigle e a rivendicazioni limitate, hanno perso di vista l’obiettivo centrale della difesa del personale, diventando in questo modo co-responsabili all’attuale deflagrazione del sistema carcerario. Il risultato è che è in atto una campagna mediatica contro gli agenti che non si è in grado di contrastare, ricercando un capo espiatorio, mentre in tre anni le violenze al personale sono aumentate del 300 per cento, i suicidi di agenti del 120 per cento, le condizioni di lavoro sono sempre più massacranti.
È ora – sostiene Di Giacomo – di finirla di fare sindacato, tra l’altro con gruppi dirigenti per l’80 per cento formati da pensionati e quindi senza un adeguamento ricambio generazionale, senza affrontare i problemi veri e intervenendo solo, con comunicati, a fatti avvenuti. Siamo l’unico sindacato di categoria che non si è rinnovato con gli stessi dirigenti da troppi anni, battendo persino il record dei sindacati bulgari.
L’inadeguatezza dei gruppi dirigenti delle sigle sindacali della penitenziaria è sin troppo evidente perché non si riesce a tenere testa ai grandi cambiamenti intervenuti negli anni. Noi, invece, avviando un’autentica e trasparente operazione verità – continua il segretario del S.PP. – non siamo più disposti ad assecondare questa situazione e chiamiamo tutti i colleghi, a prescindere dalla sigla di appartenenza, a diventare protagonisti del loro nuovo sindacato e a farsi attivi sostenitori del cambiamento complessivo.
Al contrario – conclude Di Giacomo – saremo costretti a ricevere lezioni da ex detenuti e ad essere assistiti da psichiatri”.