“Il reddito di cittadinanza concesso ed incassato da detenuti ed appartenenti a famiglie della ‘ndrangheta nella Locride, come emerso dall’indagine di Procura della Repubblica e Guardia di Finanza, è l’ultimo e più sonoro schiaffo ai cittadini e ai servitori dello Stato come agenti penitenziari e forze dell’ordine nuovamente sbeffeggiati”.
È il commento del segretario del Sindacato di Polizia Penitenziaria (S.PP.), Aldo Di Giacomo, che aggiunge: “siamo andati oltre l’immaginazione perché oggi è più conveniente fare il detenuto e guadagnare l’ennesimo sussidio assistenziale che rischiare la vita nel controllo di padiglioni e celle o sulle strade delle città.
Come sia potuta accadere una cosa del genere – dice il segretario del S.PP. – è tutto ancora da capire e comunque non imputabile alla solita macchina amministrativa e burocratica che in fatto di controlli mostra sempre più crepe profonde e gravi. La responsabilità almeno per noi è tutta della politica che non è in grado di garantire che il reddito di cittadinanza, con tutti i distinguo per il carattere prettamente assistenziale, vada effettivamente a chi ha i requisiti e quindi ha bisogno.
La nuova paghetta per i carcerati ci indigna ed offende tenuto conto che semplicemente per ottenere una nuova divisa bisogna combattere un’estenuante battaglia sindacale, per non parlare di poche decine di euro di aumento salariale perché, ci viene ripetuto, non ci sono soldi.
L’affermazione della giustizia come la tutela della polizia penitenziaria e di tutte le forze dell’ordine diventa perciò il primo obiettivo del tour che ho cominciato da qualche giorno tra gli istituti penitenziari delle principali città e dello sciopero della fame giunto al nono giorno per accendere l’attenzione di Parlamento e politica sull’emergenza del sistema carcerario e sulla sicurezza dei cittadini”.
Di Giacomo sta pagando in prima persona l’esposizione contro la criminalità: dopo il pacco bomba fatto recapitare nella sua abitazione, lettere e mail dai toni chiaramente di intimidazione ed altro, ha ricevuto sempre a casa sua una lettera contenente due proiettili di arma da fuoco e un messaggio di minacce dirette a lui e alla sua famiglia.
Ma – sottolinea – non mi lascio intimorire come dimostrano le prime azioni di protesta a cui faranno seguito altre più clamorose sino al sit-in davanti al Parlamento organizzato nella prossima settimana.
Ad incoraggiarmi sono già oltre 8 mila i messaggi di solidarietà e sostegno arrivati nel giro di pochi giorni.
Se lo Stato è arrivato al punto di dare il reddito di cittadinanza ai detenuti ameno noi non ci rassegniamo affatto, siamo e saremo a tutela della legalità, dell’autentica giustizia, della sicurezza dei cittadini”.