Il procuratore generale di Reggio Calabria nominato dal ministro Bonafede al vertice del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Il passo indietro del suo predecessore è avvenuto per le polemiche sulle scarcerazioni dei boss mafiosi.
È il procuratore generale di Reggio Calabria, Dino Petralia, il nuovo capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, al posto di Francesco Basentini che si è dimesso dall’incarico dopo le polemiche sulle scarcerazioni dei boss mafiosi per l’emergenza coronavirus.
Petralia è stato procuratore a Sciacca e consigliere del Csm che ora – dopo la richiesta formalizzata dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede- dovrà collocarlo fuori ruolo.
Il curriculum Bernardo «Dino» Petralia entra in magistratura nel 1980 e da subito inizia la sua esperienza in prima linea contro la mafia. Nei primi anni è alla procura di Trapani, al fianco di Gian Giacomo Ciaccio Montalto, magistrato ucciso dalla mafia nel 1983. È stato giudice a Marsala, dove ha celebrato i primi processi per mafia col nuovo rito e nel 1996 diventa uno dei più giovani procuratori, a Sciacca, dove resta per un decennio.
Nel 2006 diventa consigliere del Csm e nel 2010 torna a Marsala come semplice sostituto procuratore.
Tre anni dopo a Palermo come procuratore aggiunto. Nel 2017 diventa procuratore generale a Reggio Calabria dove si occupa di `ndrangheta.
Le dimissioniLe dimissioni di Francesco Basentini – che ha gestito anche la difficile fase delle rivolte in carcere che ha causato in tutto 13 morti all’inizio dell’epidemia – sono arrivate il primo maggio dopo il terremoto di polemiche scatenato dalle scarcerazioni di alcuni boss per alleggerire le carceri durante l’emergenza Covid-19.
Proprio sulla base della circolare del Dap che invitava le strutture penitenziarie a monitorare le condizioni dei detenuti con patologie gravi e di età superiore ai 70 anni, è arrivata la richiesta dei domiciliari per Raffaele Cutolo, il boss della Nuova camorra organizzata rinchiuso nel carcere di Parma.
Già scarcerato per malattia, invece, Pasquale Zagaria, boss dei casalesi: ergastolano in regime di carcere duro («41-bis»), era seguito dall’ospedale di Sassari.
La struttura, però, è ormai riservata a pazienti affetti da Covid-19 e non ci sarebbero più state le condizioni per tenerlo in cella.