Gentile Presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte, mentre le rivolgiamo i nostri più sinceri auguri di buon anno, intendiamo chiederle scusa per il tempo prezioso che le abbiamo fatto perdere.
Due settimane fa, infatti, lei ebbe la cortesia di accogliere la nostra richiesta di un incontro a Palazzo Chigi per discutere della situazione del sistema penitenziario italiano in tempo di pandemia. Nonostante un’agenda di incontri particolarmente impegnativa, e nel pieno di una fase di verifica della solidarietà di governo, lei ha trovato quasi un’ora di tempo per ascoltare dati e valutazioni che, insieme a Gherardo Colombo e a Sandro Veronesi, abbiamo voluto esporle.
Abbiamo sottolineato quale sia, al di là delle cifre ufficiali, purtroppo non sempre corrispondenti a realtà, l’effettivo stato di sovraffollamento delle carceri italiane; e come le misure generali di prevenzione e profilassi, valide per tutti i cittadini, semplicemente non siano applicabili in alcun modo in ambienti, pensati per due tre reclusi, dove si trovano invece anche sei, sette, otto persone.
Abbiamo sottolineato, inoltre, come la pericolosità del contagio in carcere non vada misurata esclusivamente in base al numero dei ricoverati in ospedale o in terapia intensiva ( numero relativamente ridotto), ma sul dato dei positivi asintomatici: dal momento che questi ultimi, in ambienti altamente congestionati, rappresentano un fattore particolarmente acuto di diffusione del contagio, al di là della manifestazione dei relativi sintomi.
Abbiamo segnalato, poi, come anche le misure di prevenzione più elementari quali il ricorso alle mascherine, siano largamente disattese.
Da qui la nostra richiesta che si prendessero in considerazione provvedimenti — condivisi da operatori del settore, sindacati di polizia penitenziaria, centinaia di docenti di diritto penale, magistrati di sorveglianza, il Garante nazionale delle persone private della libertà e personalità eminenti come il procuratore generale della Corte di Cassazione Giovanni Salvi — destinati a ridurre in misura rilevante la popolazione detenuta.
Lei, in quell’incontro, si mostrò molto interessato alle nostre proposte e si impegnò a discuterle col ministro della Giustizia, a ricevere la dirigente radicale Rita Bernardini, allora come oggi in sciopero della fame, e a visitare un carcere.
L’incontro con Rita Bernardini c’è stato e così la visita all’istituto romano di Regina Coeli, ma le parole che successivamente ha avuto modo di dire, nel corso della conferenza stampa di fine anno, ci hanno lasciato profondamente perplessi.
Abbiamo ascoltato solo ed esclusivamente frasi di rassicurazione sul fatto che la situazione delle nostre carceri sia pienamente sotto controllo, di ridimensionamento dello stato di diffusione del contagio in carcere, con la sottolineatura del numero ridotto di persone ricoverate e sottoposte a terapia intensiva, e — come sempre da mezzo secolo — una sola indicazione di prospettiva: la costruzione di nuove carceri. Ne abbiamo ricavato la sensazione che il nostro incontro sia stato pressoché inutile.
Non pretendevamo, certo, che lei seguisse i nostri suggerimenti, ma speravamo che almeno, in una qualche misura, ne tenesse conto.
Ce ne rammarichiamo.
E, tuttavia, continuiamo ad aver fiducia nella possibilità di qualche ulteriore riflessione da parte del Governo su un tema tanto delicato e dolente.
Noi continuiamo a essere disponibili a dare il nostro modesto contributo.
Cordiali saluti e ancora auguri di buon anno,
Giovanni Maria Flick,
Luigi Manconi