Una decisione del Tar Lombardia destinata a far discutere. Si tratta della sospensione di un Vice commissario della Polizia penitenziaria che aveva messo per primo un like a una notizia di un suicidio di un detenuto.
Il Tar ha dichiarato legittima la sospensione, ritenendo il like una palese manifestazione di disprezzo della vita che viola i doveri di chi svolge un preciso servizio pubblico.
Per il Tar Lombardia la condotta è contraria ai doveri che, chi esercita una funzione pubblico, deve rispettare anche fuori dall’ambiente di lavoro. Per di più chi opera nei penitenziari è chiamato un ruolo attivo nella rieducazione dei detenuti.
Queste e motivazioni fondamentali della sentenza n. 2365/2020 che respinge quindi il ricorso di un Vice Commissario ordinario della Polizia Penitenziaria con cui chiedeva l’annullamento del decreto di sospensione dal servizio per un mese.
Scrive il Tar: “mi piace”, al quale hanno fatto seguito ulteriori commenti di stampo negativo da parte di altri appartenenti al Corpo di Polizia penitenziaria; tutto ciò ha avuto una rilevante risonanza mediatica.”
E ancora: “il ricorrente è stato sanzionato per aver posto un commento “mi piace” (like) ad una notizia relativa alla morte di un detenuto, ritenuta dall’Amministrazione manifestazione di disprezzo della vita, dell’incolumità e della salute delle persone detenute, in violazione dei doveri degli appartenenti al Corpo di Polizia penitenziaria.”
Irrilevanti le motivazioni della difesa, secondo la quale il commento sarebbe stato successivo a quello di altri utenti. La documentazione, tra l’altro, ha fatto emergere l’esatto opposto.
Continua il Tar: “inequivoca manifestazione di approvazione o compiacimento per l’evento infausto accaduto, non potendosi ragionevolmente assumere che l’inserimento del commento “mi piace” costituirebbe soltanto una manifestazione di interesse per la notizia e non necessariamente di approvazione o compiacimento.”
Il personale della Polizia penitenziaria è tenuto a rispettare, anche quando è fuori servizio e nel rispetto di quanto sancito dall’art. 57 della Costituzione, un comportamento corretto nei confronti della dignità della persona e del detenuto.