“La richiesta del Gip del Tribunale di Piacenza di nuove indagini, nonostante la precedenza richiesta della Procura di archiviazione, sul presunto pestaggio subito in carcere a Piacenza da un detenuto tunisino, avvenuto nel 2017, sarà pure un caso limite, ma non è l’unico.
Non è possibile che dopo quattro anni si continui ad indagare. Sono ancora troppi i procedimenti in corso contro colleghi e che si trascinano da anni”.
È quanto afferma il segretario generale del S.PP. Aldo Di Giacomo per il quale “il personale penitenziario ha necessità, prima di tutto, di lavorare in serenità in condizioni che negli ultimi tempi sono diventate sempre più complesse e stressanti.
Come abbiamo detto per i fatti di Santa Maria Capua Vetere – aggiunge – se ci sono responsabilità accertate si proceda senza sconti per nessuno e senza però accanirsi sul resto del personale che presta la propria opera al servizio dello Stato.
Il clima di sospetto ha infatti l’effetto di contribuire ad accrescere la campagna di delegittimazione del personale di Polizia Penitenziaria che si è diffusa dentro e fuori le carceri dopo i fatti di Santa Maria Capua Vetere.
Le sempre più numerose aggressioni e violenze di detenuti agli agenti potrebbero diventare un rischio molto serio specie se a questo si aggiungesse la diffusione di una sorta di demotivazione da parte del personale stesso finito in una quotidiana campagna mediatica di attacco”.
Per Di Giacomo: “è dunque indispensabile mostrare grande attenzione alla nuova situazione che si è creata per le condizioni psicologiche di lavoro di circa 37mila uomini e donne che quotidianamente si trovano a fronteggiare vecchi e nuovi problemi di vigilanza e controllo, se non si vogliono delegare ai delinquenti.
Non si sottovaluti che la criminalità organizzata che in più occasioni ha dato prova di manovra negli istituti penitenziari, come è accaduto nella lunga stagione delle rivolte, durante la fase dell’emergenza pandemica, è sempre pronta a raccogliere ogni opportunità per riaffermare la “presenza” e sfidare con il personale penitenziario direttamente lo Stato”.