“La gravissima situazione determinata nel carcere di Pesaro richiede l’immediato e più efficace intervento dell’Amministrazione Penitenziaria per ripristinare il clima di sicurezza del personale penitenziario”.
Ad affermarlo è il segretario generale del S.PP. Aldo Di Giacomo che esprime la più fraterna solidarietà ai colleghi vittima di continue violenze: “Ci siamo attivati chiamando in causa direttamente il responsabile del DAP sostenendo le azioni di protesta che sono in svolgimento.
Quello di Pesaro è l’ennesimo segnale di quanto sta accadendo negli istituti penitenziari italiani dove gli agenti sono diventati il bersaglio di singoli violenti e di bande della criminalità che approfittando del clima di delegittimazione del personale hanno ripreso vigore per imporre il proprio controllo sfruttando una situazione di tacita assenza dello Stato”.
“Negli istituti penitenziari – afferma Di Giacomo – si respira un’atmosfera di spasmodica attesa per le promesse venute dal Governo e da un esercito di politici per scarcerazioni più facili, pene meno severe in nome della rieducazione e del riscatto sociale e per accrescere il sistema delle celle aperte con grande libertà di movimento e di traffici.
Con la preoccupazione fondata che la delegittimazione riguardi tutte le forze dell’ordine, un pericolo per l’ordine pubblico e una minaccia per la libera convivenza dei cittadini, ci rivolgiamo all’opinione pubblica perché apra gli occhi per rendersi conto che nelle carceri non sono reclusi vittime o angeli, ci sono autori di crimini efferati per i quali da tempo invece si sostengono la clemenza e provvedimenti di indulto e per rivendicare dalla politica e dalle istituzioni risposte adeguate a ripristinare la legalità.
Soprattutto dopo gli impegni solenni del presidente del Consiglio, Mario Draghi e del ministro della Giustizia, Marta Cartabia, è ora che ci si occupi seriamente dei problemi del sistema penitenziario senza illudersi che sfollando le celle, tutto si risolva di colpo.
E continuiamo ad insistere: la priorità è oggi quella di mettere fine alla campagna di odio contro uomini e donne in divisa che sono oggetto di atti gravi di aggressioni, violenze ed intimidazioni, consentendo al personale l’attività di contenimento senza correre il rischio di finire in inchieste della magistratura”.