“La maxi rissa tra detenuti albanesi e maghrebini avvenuta nel carcere Due Palazzi di Padova deve riaccendere l’attenzione del DAP come del Ministero Grazia e Giustizia e del Parlamento sulla sempre più difficile convivenza nelle nostre carceri tra etnie di immigrati che il personale penitenziario si trova quotidianamente a contenere senza disporre degli strumenti più adatti, per non parlare delle difficoltà di lingua e l’assenza di qualsiasi figura specialistica”.
Lo afferma il segretario generale del Sindacato Polizia Penitenziaria S.PP. Aldo Di Giacomo: “le statistiche del Ministero confermano che la popolazione di detenuti immigrati è molto consistente: al 31 agosto scorso gli albanesi sono 1859 (quasi l’11% di tutti i detenuti stranieri), i marocchini 3328 (il 19,5%) e i tunisini 1774 (10,4%)”.
“Non è affatto facile – aggiunge – controllare detenuti di diverse nazionalità che hanno scontri frequenti tra loro, anche se i più pericolosi restano i nigeriani – 1396 (8,2%) – appartenenti alle cosche mafiose nigeriane; pertanto, sono destinate ad aggravarsi le condizioni operative nelle quali lavora il personale penitenziario”.
“A nostro parere all’interno degli istituti penitenziari servirebbero sezioni speciali – proprio come è pizzo a Cosa Nostra e alle ‘ndrine.In questo scenario si ritrovano le motivazioni del rilancio della mobilitazione del S.PP. con il tour attraverso le carceri ripreso dall’inizio di questa settimana innanzitutto per fare chiarezza su chi sono le vere vittime – dagli agenti penitenziari ai detenuti “deboli”, ai cittadini – e per sostenere un piano urgente di rimpatrio degli appartenenti ai gruppi delle organizzazioni criminali di immigrati a cominciare dalla mafia nigeriana.
Non si sottovaluti che la loro permanenza nei nostri istituti di pena si trasforma in una scuola di affiliazione ed addestramento di altri criminali anche italiani.
La politica italiana continua a comportarsi da “struzzo” facendo finta di niente come se le condizioni di sovraffollamento con tutto ciò che comporta per il personale penitenziario e i detenuti fossero una nostra fantasia”.