“Il carcere di Barcellona Pozzo di Gotto continua a rappresentare, per la presenza di detenuti con problemi psichiatrici, quello a maggiore rischio per il personale penitenziario.
Oggi è avvenuta l’ennesima aggressione – la seconda nel giro di poche settimane – di due agenti che un detenuto di nazionalità nigeriana, già noto per aggressività e ferocia, ha aggredito violentemente con conseguenze gravissime come hanno accertato i medici dell’ospedale dove sono stati ricoverati”.
A riferirlo è Aldo Di Giacomo, segretario generale del S.PP. esprimendo piena solidarietà e vicinanza agli agenti aggrediti e alle loro famiglie: “L’attuale casa circondariale di Barcellona, sorta nel 1925 come manicomio criminale, divenuta poi ospedale psichiatrico giudiziario, ha cambiato recentemente status ma la situazione continua ad essere senza controllo proprio come se lo Stato avesse deciso di scaricare al carcere ogni problema che riguarda i detenuti con malattie mentali e che hanno fatto reati anche gravissimi”.
Il nostro sindacato a dimostrazione che avverte realmente il peso della funzione delicatissima a cui assolvono uomini e donne in divisa specie nei reparti con detenuti che hanno seri problemi mentali e in molti casi sono aggressivi contro il personale – aggiunge Di Giacomo – da molto tempo conduce una campagna perché il problema psichiatrico nel carcere è da sempre sottovalutato e sottodimensionato: gli episodi di autolesioni di detenuti con difficoltà psichiatriche sono circa dieci ogni giorno, quattro sono le aggressioni che quotidianamente i poliziotti penitenziari subiscono da detenuti con problemi psichiatrici e due in media sono i tentativi di suicidio che la polizia penitenziaria riesce ad evitare.
Di fronte a questo orrore quotidiano non ci sono più alibi: la politica è pronta a scattare in occasione dei fatti del carcere campano o di quello toscano che coinvolge il personale penitenziario ma incapace semplicemente di interrogarsi sui motivi dei suicidi.
Noi continuiamo a denunciare le responsabilità e a richiedere l’apertura di un tavolo di confronto oltre che con il Ministro Cartabia coinvolgendo il Ministro della Salute Roberto Speranza.
Ci aspettiamo inoltre programmi adeguati per formazione ed aggiornamento professionale di uomini e donne in divisa impegnati in carceri problematici come questo siciliano che nelle intenzioni del Governo dovrebbero aiutare a far sì che la pena sia finalizzata al recupero sociale del detenuto come prevede la Costituzione e non sia fine a se stessa.
Un obiettivo più che condivisibile e più facile da dire che da realizzare senza strumenti, strutture adeguati e personale specializzato. Sappiamo bene che riaffermare la presenza dello Stato in carcere – conclude Di Giacomo – non è facile perché c’è la necessità di resettare tutta l’attività dei vari Ministri di Grazia e Giustizia che si sono succeduti in tanti anni.
Gli effetti di decenni di sottovalutazioni, provvedimenti scoordinati sono a tutti evidenti.