“Nelle carceri lo scorso anno ci sono stati 154 decessi: 61 detenuti si sono tolti la vita e altri 93 sono stati stroncati da «cause naturali» (voce che include i decessi per abuso di droghe).
Una media di tre morti la settimana che molto parzialmente fornisce le cause. Numeri che dovrebbero far scattare ogni forma di indignazione”.
È quanto sostiene il segretario del S.PP. Aldo Di Giacomo a commento degli sviluppi clamorosi della morte di un detenuto nel carcere di Caltagirone, che era sembrata una morte dovuta a cause naturali e che gli accertamenti medico legali hanno invece accertato quale assassinio ad opera del compagno di cella.
Per Di Giacomo: “è una vicenda gravissima che richiede indagini accurate e che al tempo stesso rileva la situazione di violenze e sopraffazioni con vittime in particolare tra i detenuti più deboli e quelli che non appartengono a clan o ad organizzazioni criminali. Il caso del carcere di Frosinone con un detenuto “rifornito” di pistola da un drone che ha sparato ad altri è senza dubbio il più clamoroso ma non l’unico.
Gli scontri tra gang e clan di detenuti italiani e stranieri negli istituti penitenziari del Paese per il controllo di traffici e per imporre il proprio comando sono all’ordine del giorno introducendo un nuovo ed allarmante capitolo dell’emergenza carceri.
I quotidiani casi di risse e violenza sono soprattutto sul traffico di droghe che ha assunto aspetti sempre più inquietanti ma anche per esercitare pressioni sui detenuti più deboli, per arruolarne al proprio clan, per mandare messaggi all’esterno del carcere, ai territori contesi tra gli stessi clan.
Il risultato è che il carcere si è trasformato in uno dei quartieri o delle zone più pericolose controllati da mafia, camorra e ndrangheta, oltre che da gang africane.
Siamo ad una situazione di autentica emergenza, di cui trapela troppo poco attraverso gli organi di informazione, che ha ricadute anche fuori dagli istituti penitenziari per garantire legalità e sicurezza dei cittadini.
Ad accrescere il livello degli scontri – continua il segretario generale del S.PP. – è il clima di delegittimazione del personale penitenziario che ormai è fortemente diffuso dai fatti di Santa Maria Capua Vetere che alimenta la convinzione tra i capi gang di poter adesso osare sempre di più nella sfida allo Stato.
Il Premier Draghi si è richiamato ai principi dell’Articolo 27 della Costituzione che riguardano lo strumento della detenzione (“Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”) ma – aggiunge Di Giacomo – non ha fatto alcun richiamo ai diritti del personale penitenziario che è stato messo nelle condizioni di non potersi nemmeno difendere dalle aggressioni.
Noi non ci stiamo a mettere sullo stesso piano i servitori dello Stato e i criminali che pretendono il controllo del carcere e sono un costante pericolo dell’ordine pubblico e la minaccia per la libera convivenza dei cittadini.
Soprattutto dopo gli impegni solenni del presidente Draghi e del ministro Cartabia, è ora che ci si occupi seriamente dei problemi del sistema penitenziario senza illudersi che sfollando le celle, tutto si risolva di colpo”.