“La nomina di Carlo Renoldi, consigliere di Cassazione ed ex magistrato di sorveglianza, quale nuovo capo del DAP al posto di Bernardo Petralia, è destinata a saltare.
Nella fase storica più buia per le carceri italiane nelle quali specie in questi ultimi due anni sta accadendo di tutto e di più – dalle evasioni facili, ai suicidi, all’arrivo dal cielo di telefonini a bordo di droni, alle rivolte, allo strapotere dei detenuti nelle carceri – ogni atto che non contenga prima di tutto condivisione può solo produrre ulteriori guasti irreparabili”.
Ad affermarlo è il segretario generale del S.PP. – Sindacato Polizia Penitenziaria – Aldo Di Giacomo per il quale: “non si può ignorare che Renoldi, persona stimabilissima, appartiene alle cosiddette toghe progressiste e parla di «carcere dei diritti» e che in passato ha attaccato quella che ha definito come «antimafia militante arroccata nel culto dei martiri».
Le sue posizioni sul 41 bis sono in linea con quelle della ministra Cartabia e nonostante, in vista dell’ufficialità della nomina, si sia affrettato a smentire dichiarazioni fatte nel recente passato o meglio di essere stato frainteso.
La riprova – aggiunge Di Giacomo – è la grande mole di polemica scatenata in ambienti politici della stessa maggioranza che sostiene la Ministra e da sindacati.
Per questa ragione è semplicemente non plausibile che si possa imporre una scelta divisiva.
Piuttosto ciò conferma la nostra valutazione sull’operato della Cartabia che abbiamo paragonato ad “Alice nel Paese delle Meraviglie” in quanto sempre più lontana dalla realtà dei nostri penitenziari.
L’esempio più vistoso è il testo di riforma della giustizia nel quale non c’è solo la riforma del Csm come vorrebbero far credere ai cittadini per tenere lontana la loro attenzione.
Tenuto decisamente occultato c’è lo “svuota carcere”, un vero e proprio sistema che offende le vittime di omicidi, violenze, rapine e i servitori dello Stato che hanno il compito di individuare, ricercare ed arrestare gli esecutori dei reati e di vigilarne la custodia in carcere.
Si aggiunga a questo che gli agenti penitenziari sono declassati a “badanti” dei detenuti ancora presenti per avere un’idea più completa della giustizia così come è concepita da Ministra e Governo.
La Ministra faccia un bagno di umiltà riconoscendo l’errore nell’indicare a capo del D.A.P. una persona che non trova larga condivisione ma suscita perplessità tra tutti gli addetti ai lavori”.